
A circa un anno dal nostro articolo su Brexit e il Mercato dell’Arte– in cui si pronosticavano effetti e scenari geografico-economici sul tema – torniamo oggi, a Brexit avvenuta, per discutere dei principali cambiamenti innescati dalla transizione. Che succederà? Chi sarà il nuovo leader del mercato dell’arte continentale?
Il Regno Unito, per anni leader europeo nel mercato dell’arte
Dopo decenni sul podio del mercato dell’arte, il destino del Regno Unito – 2° paese al mondo per market share e 1° nel continente europeo – è ad oggi ambiguo, e forse compromesso. Le ragioni di tale primato, infatti, erano in parte dovute alla vicinanza e adesione all’Unione Europea. 8 transazioni d’arte su 10, nel Continente, avvenivano infatti nel paese. Facendo parte del ‘mercato unico,’ il Regno offriva una parentesi geografica, fiscale e strutturale davvero vantaggiosa per gli Europei. Questi ultimi, spesso tediati da fischi, leggi e regolamenti claustrofobici nei propri paesi, attivavano acquisiti e imprenditorie in UK. Rientravano poi nel proprio territorio con beni già tassati e formalizzati – a prezzi e condizioni, però, inequiparabili per concorrenza, come un vantaggioso 5% di IVA che, rispetto all’Italia per esempio, è oltre 4 volte più basso. Al Regno ci si rivolgeva inoltre per consulenze, giacenze, assicurazioni, logistica e persino studio: Londra era la letterale Capitale dell’arte europea.
Chi sarà il leader post-Brexit?
Non a caso, i professionisti del mondo dell’arte si son schierati sin da subito per contrastare il passaggio, consapevoli del tampone soffocante che avrebbe causato il leave. Ad oggi, a Brexit avvenuta, le circostanze doganali e fiscali rimangono accennate, ma non del tutto comprese. È chiaro che lo scambio di beni sarà regolamentato da doppi carteggi che prevederanno attese, burocrazie e costi; nulli e quasi inesistenti, invece, in passato. Chi sarà, dunque, l’erede legittimo del paese? Come per ogni sistema, la floridità di un mercato si definisce grazie alla strategica congiunzione di tanti fattori – legali, fiscali, geografici, politici, diplomatici, culturali. Tuttavia, fra gli stessi, è spesso centrale il DNA economico-fiscale del paese – lo stesso che, come menzionato, ha attratto, con un vantaggioso 5% di IVA, milioni di contribuenti.
Saranno favoriti i paesi con l’IVA più bassa?
Da questa prospettiva, dunque, gli unici paesi da tenere d’occhio nell’Unione sono Malta e Cipro – anch’essi al 5%. Tuttavia, entrambi i paesi mancano di una storia, cultura, fascinazione e sistema arte che possano garantire un potenziale shift geografico. Come noto, infatti, gli acquisti d’arte attecchiscono in contesti di prestigio, allure, rete e sicurezza – essendo gli asset d’arte sensibili a frodi, furti e illegalità. Nonostante l’esplosivo PIL, entrambi i paesi non si contraddistinguono per tali caratteristiche; tuttavia, considerata la strategica locazione – fra Europa, Africa e Medio Oriente e dunque nel mezzo dei mercati d’arte più stabili e tuttavia emergenti – tale transizione dovrebbe essere se non altro considerata. Ma non ora, in fieri.
La Francia potrebbe acquisire una posizione dominante nel mercato dell’arte?
A seguire in ordine per IVA è la Francia, che propone un tasso al 5.5%. Secondo la nostra analisi, il paese potrebbe divenire ‘leader d’Europa nel mercato dell’arte post-Brexit.’ I presupposti erano già promettenti prima dell’uscita; il paese seguiva infatti il Regno Unito nelle classifiche globali per share – posizionandosi 4°e detenendone il 4% – contro il 22% di UK. Francesi sono anche i due proprietari delle più grandi entità art-business del mondo. Parliamo di Christie’s e Sotheby’s – di Arnault e Pinault – noti magnati dell’industria del bello in perpetua competizione. Tale duo esacerba lo spirito culturale cui si faceva riferimento prima. Perché fiorisca, il mercato dell’arte ha bisogno infatti di tali personalità, investimenti, linfa di mercato e imprenditoria. Imprenditoriale è anche il canale televisivo primario, France 24, che proprio in riferimento al mercato dell’arte si dice pronto “a lavorare su un ritorno.” La Francia sembra dunque consapevole, in preparazione, pronta. E a rassicurare la situazione sono i famosi ‘presupposti’. La seconda economia del continente, la settima del mondo, nonché il primo paese per turismo e quinto per siti UNESCO.
L’Italia resta ancora fuori dai giochi?
La Francia vanta inoltre fra le reti di assicurazioni e logistica più influenti al mondo – entrambi necessarie per la circolazione e tutela degli asset in vendita. Ultime – ma non ultime – le sue diramazioni verso il nord Europa, l’Atlantico, il Mediterraneo e i Territori e Dipartimenti d’Oltremare (TOM e DOM) che rendono il paese un territorio praticamente diffuso e globale per partenariati strategici; nonché la sua storia, reputazione, aura di cultura e soprattutto arte, dalla storia, la critica, alla produzione. Il solo (post)Impressionismo, per volume, crea un mercato a sé stante. Forse un po’ impigrita e allineata a governi vicini come il nostro – burocratizzato, lento, frammentato e caro – la Francia ha perso negli anni il suo tenore. L’asso è però nella manica – forse timidamente nascosto dal ‘Grande Fratello’ chiamato Europa. I segnali ci sono e questo è il momento. Da sorella maggiore e più virtuosa, ci si augura che la stessa ispiri l’Italia, altrettanto promettente, ma al momento al quanto inerte all’opportunità.
Foto di Arek Socha da Pixabay