
«La cultura è fondamentale per rimettere in moto il nostro Paese, soprattutto se vogliamo innescare una ripartenza che non sia effimera, ma strutturale». Tra i mille personaggi che ha interpretato nella sua carriera, ora c’è anche quello dell’attore relegato improvvisamente in casa, in quarantena. Un ruolo forzato, probabilmente poco gradito a un «animale da palcoscenico» come lui. Non perde però l’ottimismo Mino Sferra, nonostante gli spettacoli calendarizzati e poi saltati: pensa al presente e immagina il dopo. Lo abbiamo raggiunto al telefono, tra un corso e l’altro tenuti online con i suoi studenti, sia universitari sia dell’accademia di teatro che dirige.
Partiamo dall’inizio, da quando è scattato il lockdown.
«Proprio a marzo avrei debuttato nell’Enrico IV di Pirandello, prima a Roma e poi a Mosca. Quattro mesi di prove, costumi originali e una regia innovativa. Era tutto pronto. Avevo già fissato delle date pure per questa estate, in giro per l’Italia. Inoltre, stavo lavorando all’episodio pilota di una produzione televisiva italo-brasiliana sui sette vizi capitali. Ma è arrivato il lockdown e tutto s’è fermato. Nessun rimpianto, comunque, nessun pensiero negativo. La quarantena era imprescindibile, perché c’era di mezzo la salute di tutti noi. Non guardo indietro, ma al presente e penso alla ripartenza».
Ecco, parliamo del presente, come ha organizzato la sua attività di insegnante di teatro?
«Da due mesi porto avanti tre corsi online: uno per gli universitari, un altro per aspiranti attori professionisti e un altro ancora per cultori del teatro. Quest’ultimo è frequentato da persone di diverse età e professioni che vogliono uscire dalla loro comfort-zone, mettersi in gioco, apprendere nuove competenze. Personalmente, cerco di rendere l’esperienza online più vivace possibile, con l’ausilio anche dello smartphone per visualizzare, ad esempio, le “entrate in scena” o alcune prospettive. Con gli universitari stiamo preparando “Romeo e Giulietta” di Shakespeare, con buoni risultati; dopo la teoria sui personaggi, siamo passati alla pratica: ho insegnato loro i primi cinque colpi della scherma e abbiamo realizzato dei duelli virtuali, come quello fra Mercuzio e Tebaldo, utilizzando dei surrogati casalinghi delle spade. Il divertimento e lo stare bene insieme, anche se a distanza, sono basilari».
Online, comunque, non è la stessa cosa…
«No, non lo è, senza alcun dubbio. Il teatro è contatto. Giulietta e Romeo si abbracciano: come fai a realizzarlo virtuale? E poi, in palcoscenico sei sempre in diretta, non c’è il filtro dello schermo o il ciak che ti salva e ti consente di ripetere la scena infinite volte. Lo spettacolo teatrale è vivo, è coinvolgimento, interazione diretta e tangibile, hai il pubblico davanti, ne percepisci l’energia. Tutto ciò non si potrà mai creare artificialmente. Adesso, comunque, ci adattiamo meglio che possiamo alla situazione d’emergenza».
Quanto è importante l’esperienza del palcoscenico per i giovani e non?
«Io la considero essenziale. Perché ti dà quella capacità di relazionarti con gli altri, anche dal punto di vista emotivo. Il teatro è istruttivo, sensoriale, terapeutico, amplia la fantasia. È lo specchio della realtà: sul palcoscenico troviamo i fondamentali della vista stessa. Entrando in tanti personaggi, li percepiamo e li facciamo vivere anche al pubblico. C’è un altro fattore, poi, sul quale insisto molto: il teatro ti insegna la comunicativa, cioè l’essenza della comunicazione. Io dico delle cose, già: ma come le dico? Ecco, se riesco a far arrivare il messaggio, allora s’è creata una connessione, significa che la mia comunicativa ha funzionato. E questo è importante per la vita quotidiana, per il lavoro».
Cosa bisognerebbe fare per evitare che il teatro scompaia nel dopo quarantena?
«C’è chi propone di organizzare spettacoli online, in streaming, di trasmetterli in televisione. Non sono d’accordo: è un ripiego inutile e mortificante. Sarebbe un disastro architettare forme alternative. Il teatro va fatto a teatro. Non possiamo snaturarlo. La sua essenza è nella diretta, nel rapporto attore-spettatore. È nato così».
La proposta di Mino Sferra?
«Con l’allentamento del lockdown, si potrebbe organizzare il teatro all’aperto, con un pubblico reale e rispettando le condizioni di sicurezza. Abbiamo tanti spazi scenografici che si presterebbero bene all’uso, al netto di quelli creati ad hoc, o ereditati dal passato. Le trilogie greche, lo ricordo, si recitavano a cielo aperto, dall’alba al tramonto. In questo senso, potremmo sfruttare vari momenti della giornata, non solo la sera. Magari dalle 17 in poi, con più spettacoli, più offerta, dando spazio e visibilità a tante compagnie di attori emergenti. Servono la buona volontà e la consapevolezza che la cultura e le competenze sono fattori imprescindibili di crescita. Ergo, di ripartenza».
Grande Mino Sferra!!! Un artista, nel vero senso della parola…profondo, introspettivo, geniale. Concordo pienamente nel lanciare la proposta dei teatri all’aperto. Ridurre una messa in scena a un computer o a un tablet significherebbe snaturare l’essenza del testo e degli attori. Viva il teatro live, la cultura, l’anima !!!
Grande Mino Sferra!!! Un artista, nel vero senso della parola…profondo, introspettivo, geniale. Concordo pienamente nel lanciare la proposta dei teatri all’aperto. Ridurre una messa in scena a un computer o a un tablet significherebbe snaturare l’essenza del testo e degli attori. Viva il teatro live, la cultura, l’anima !!!