
Il saggio Luciano De Crescenzo una volta disse: “Stare fermi e non fare altro che pensare, vuol dire anche crescere”. Nella società-dinamo in cui ci troviamo, in cui ‘il tempo è denaro, è difficile percepirsi come esseri produttivi in periodi di stasi – come quello di quarantena nazionale e ormai globale che stiamo vivendo. Eppure, recenti studi dimostrano che la pausa, il restare fermi e addirittura l’ozio non sono solo utili, ma addirittura necessari per l’ispirazione, creazione e produzione di prodotti creativi.
Il riposo suggerito dalla religione
Per i più religiosi i riferimenti alla noia e alla conseguente produttività non saranno nuovi; nella Genesi (2:3) Mosè narra infatti che “Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò al riposo, perché in esso aveva cessato da ogni opera che egli aveva fatto creando negli altri sei”. Lo stesso potrebbe dirsi della parola ‘sabato’ che, dall’ebraico shabbat, e in riferimento ai testi sacri, vuol dire appunto riposo. Se dunque Dio, come cita la Genesi, reputa il riposo come necessario per la creazione, pochi sono i dubbi: il riposo è divinamente suggerito.
L’ozio alla base della creatività
E a supportare questo suggerimento sono le numerose, spesso sconosciute esperienze di noia, che hanno ispirato, in molte discipline, scoperte a volte uniche e rare. In un periodo simile al nostro, per esempio, si è trovato il grande Giovanni Boccaccio che, durante, o forse a seguito della tremenda Peste Nera, portò a compimento una delle composizioni più variegate, divertenti, ciniche e conosciute della nostra letteratura: il Decamerone. A un altro genio della letteratura, William Shakespeare, capitò la stessa sorte. Chiusura forzata per produrre un altro capolavoro della tradizione: King Lear. Un pezzo che ha visto riadattamenti in letteratura, cinema, teatro e pittura per secoli, il cui autore passò dunque dalla quarantena, a una forma creativa quasi di ‘Arte Totale’. E la creatività non mancò nemmeno a Isaac Netwon nel 1666. Allo scoppio di un’epidemia di peste e un aggravante incendio in Regno Unito, si ritirò in un periodo di quarantena che sfruttò al massimo. Nacquero in quel periodo, infatti, alcune delle scoperte più geniali e influenti dell’ottica moderna. E, in materia di ottiche, colpisce un testo di un altro Britannico, Bertran Russell, il cui titolo, La Conquista della Felicità, ci propone ‘un’ottica’ quasi ossimorica sulla conquista della felicità e il ruolo della noia. “Una generazione che non riesce a tollerare la noia”, sentenziava infatti Russell “è una generazione di uomini piccoli, nei quali ogni impulso vitale appassisce”.
Noia e creatività vanno di pari passo
Che noia e creatività vadano di pari passo, dunque, è religioso, scientifico, artistico e letterario, nonché attuale. Oltre alle misure di quarantena in risposta al COVID-19, infatti, il problema della noia è responsabile di numerosi sotto-problemi sociali, che spesso sfociano in atti e attitudini potenzialmente pericolose – come la blue whale e gli hikikomori. I social media, che riescono a tamponare ancora la noia, sono giunti, secondo diversi studi, al ‘bored of social media phenomenon,’ ovvero al fenomeno di noia da social media. Gli atti di intrattenimento sociale che stanno animando le strade di tutta Italia – da dj set a proiezioni cinematografiche, a conferenze e convention online – sembrano invece poetici e nostalgici atti di ritorno all’autentico che stanno ispirando paesi da tutto il mondo. Nei suoi limiti, questa quarantena ha risvegliato un forse dimenticato senso di patriottismo e ‘saudade sociale’ e, come diceva De Crescenzo, forse ci sta facendo crescere.
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