
Rubrica di orientamento al lavoro di Antonella Salvatore
Quando l’emergenza coronavirus sarà passata dovremo ripensare a noi stessi, a quello che facciamo e a come lo facciamo. Covid-19 lascerà macerie in Italia e nel mondo, e da queste macerie dovremo ripartire, primi fra tutti i giovani, che dovranno fare sacrifici, così come li fecero i loro padri e i loro nonni.
Dallo status quo al cambiamento
Le generazioni nate dopo la seconda guerra mondiale hanno sempre cercato di proteggere i propri figli, dando loro quel benessere e quella serenità che sicuramente mancarono nelle epoche precedenti. Nel corso dei decenni l’Italia ha sviluppato un senso di protezione e mantenimento dello status quo che il coronavirus ha fatto cadere come un castello di carte. Abbiamo dato vita a rigidità e atteggiamenti individualistici che non sono più consentiti dai nuovi tempi che viviamo. Il virus ci obbliga ad una maggiore disciplina e ad un rispetto delle regole che spesso non rientrano nel “creativo” dna italiano. Ma siamo anche costretti ad un costante confronto con la tecnologia, per sbrigare attività e lavori che, diversamente, avremmo svolto di persona.
Vedere le cose come non siamo abituati a vederle
L’esperienza che stiamo vivendo in queste settimane ci impone di adattarci e di cambiare. Rivediamo regole, procedure, attività e modi di lavorare, non solo temporaneamente, ma per il futuro. Da ora in avanti avremo un prima e dopo Covid-19. Di colpo, è come se il virus ci avesse catapultati nel futuro. Impariamo a fare la file, apprendiamo come fare la spesa online, svolgiamo aule e didattica da remoto, facciamo meeting a distanza. Ricordiamoci che la flessibilità e la capacità di adattamento rappresentano le prime due qualità per riuscire a stare a galla nel mercato del lavoro.
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