
di Giosuè Prezioso, (Coordinatore accademico e Associate Professor presso la Florence University of the Arts)
“Datemi un museo e ve lo riempirò” sfidava l’abile Picasso, ma in realtà, seppur sembri facile – soprattutto per il Maestro – le riforme ministeriali che interessano musei, gallerie, pinacoteche e collezioni pubbliche sono complesse e alle volte insormontabili, rendendo questi luoghi, icone della cultura di un paese, spesso periferie e tristi repositori anonimi. Nonostante l’indietreggiata economica Italiana, i musei – e i luoghi della cultura in genere – crescono esponenzialmente, sia dalla prospettiva numerica – del volume di visitatori – che del conseguente ricavo che gli stessi producono. “Il bilancio della riforma dei musei,” cita infatti Franceschini in un’intervista del 2017 “è davvero eccezionale” basti pensare, come illustrano fonti Mibact, che dai 38 milioni di visitatori circa del 2013, si è passati ad oltre 50 milioni nel 2017 e 55 nel 2018. Si delineano dunque prospettive di crescita positive, che potrebbero far azzardare, nel giro di qualche decennio, addirittura la quota ‘100 milioni.’ Produrre questi numeri è frutto di una macchina ministeriale, manageriale e concettuale complessa, che ha sempre bisogno di innovazione e visione laterale – considerata la dinamica concorrenza culturale di altri siti e imprenditorie internazionali. Anche in questo caso, l’Italia pare difendersi bene, dimostrando, in alcuni casi, lungimiranza e senso di innovazione.
L’applicazione delle tecnologie nei musei italiani
È degno di nota l’esempio del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN). Primo al mondo, ha lanciato nel 2017 “Father and Son”, un videogame interamente gratuito ‘Made in Italy.’ Un prodotto che intercetta famiglie e generazioni variegate – come suggerisce il titolo – e che, attraverso illustrazioni, grafiche, narrativa e ingegneria ludica si rifà agli ambienti del MANN – che in questo modo si fa conoscere a distanza, ai locali, a più segmenti di visitatori e pubblici, attirando, nella ‘peggiore delle prospettive’ “90mila visitatori” come cita il Prof. Solima – nell’organizzazione del prodotto. Un’altra innovazione tutta Italiana è l’integrazione di sistemi ‘li-fi’ nel sito archeologico di Pompei, installata dall’azienda del giovane italiano, Francesco Paolo Russo. La tecnologia ‘li fi’ prevede la trasmissione di contenuti digitali attraverso la luce. Mediante un’app – scaricata prima dell’ingresso nell’area – gli smartphone diventano dispositivi ‘fotosensibili’ che, incrociando la luce che illumina le opere, ricevono dati e contenuti variegati sull’opera in oggetto, dualizzando la funzione della luce, che diventa mezzo di illuminazione e informazione – nonché metafora di vera e propria ‘illuminazione culturale.’ Un ulteriore esempio è il Museo Civico di Bolzano (MCB), che dal 2015 ha introdotto il progetto “Suoni per Vedere”, un esperimento sinestetico in cui i visitatori vengono immersi nei suoni, gli ambienti e le atmosfere, che caratterizzavano il periodo di esecuzione dell’opera in oggetto. Altrettanto suggestivo è stato il progetto “L’Ara Com’era”, un ‘gioco’ attraverso cui l’Ara Pacis veniva ricostruita e rivista in 3D, assieme ad un sorprendente rito sacrificale in Campo Marzio che si materializzava di fronte agli occhi dei visitatori.
Le sfide della digitalizzazione applicata alla cultura
Nonostante queste gemme, secondo il Mu.Sa – Museum Sector Alliance, esistono ancora delle tangibili difficoltà che interessano l’Italia (e non solo!) in materia di digitalizzazione e cultura. Secondo il rapporto, infatti, perché la crescita sia costante e supportata sono necessarie due figure professionali. L’ “online culture community manager e il digital strategy manager,” sono entrambe figure estremamente coadiuvanti al supporto, crescita e rinnovamento di strategie digitali per i musei – non solo nelle fasi ‘attive’ e di lavoro degli stessi, ma anche da remoto. In Italia, fatta eccezione di alcune sperimentazioni sporadiche, l’unico museo a disporre di queste figure è il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, che rimangono invece professioni satellite e/o di consulenza nel resto dei pochi musei che se ne avvalgono. Considerando dunque il rallentamento economico generale italiano – e la controtendente e dunque complementare crescita dell’economia dell’industria culturale – non resta che continuare a pianificare, prevedere e accorpare esperimenti digitali come il MANN di Napoli, Pompei, il MCB e l’Ara Pacis, attrazioni che, seppur archeologiche, hanno dimostrato il potenziale di sorprendere per innovazione, pensiero laterale e avanguardia.
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