
Il concetto di made in Italy
Nell’epoca della globalizzazione si parla sempre più di made in Italy. Tutto quello che viene prodotto in Italia rappresenta un brand riconosciuto a livello mondiale. Un marchio, quello del made in Italy, sinonimo di alta qualità, tradizione di famiglia, artigianalità, ma anche lusso ed esclusività Parliamo di abbigliamento, scarpe, e più semplicemente di cibo e vino delle nostre bellissime regioni. Ma non solo. Il prodotto italiano fa riferimento anche ai servizi e riguarda l’industria turistica e il marketing territoriale. I nostri tour eno-gastronomici, il nostro patrimonio artistico-culturale e le tradizioni locali si vendono in tutto il mondo.
La crisi di identità dei marchi italiani
Tuttavia, numerosi cambiamenti negli ultimi anni hanno portato ad una sorta di crisi di identità del made in Italy, soprattutto nel settore moda. Le acquisizioni da parte di grandi colossi hanno creato non pochi problemi di identità ai marchi di casa nostra. Chi sono le aziende del made in Italy? Il mondo della moda è oramai in mani francesi, grandi gruppi d’oltralpe hanno comprato marchi come Valentino, Fendi, Brioni, Bottega Veneta. Fa eccezione Versace acquisito invece dalla società americana Michael Kors nel 2018. Il recente acquisto di Lurisia ha portato poi Coca Cola nell’olimpo dei soft drinks. L’azienda americana ha innalzato il suo posizionamento nell’industria comprando le bevande dell’impresa nata in provincia di Cuneo. Va sicuramente meglio, da un punto di vista di identità, ai marchi dell’alimentare. Le materie prime e gli ingredienti sono italiani e lo stesso possiamo dire delle famiglie e dei consorzi.
Cosa minaccia il made in Italy
Cosa cambia con una acquisizione? In teoria nulla, nella pratica qualcosa cambia. Il prodotto viene ancora fabbricato in Italia (o almeno così dovrebbe essere) e i lavoratori sono principalmente lavoratori locali (o così dovrebbe essere). Tuttavia, quello che potrebbe cambiare è la cultura aziendale, il modo di fare le cose. E se il modo di fare le cose non dovesse essere più italiano, potremmo ancora parlare di made in Italy? Il dubbio è lecito se il nome resta ma la cultura diventa quella della casa madre. Non solo le acquisizioni. Un’altra minaccia al nostro “made in” è rappresentata dalle imitazioni e del cosiddetto Italian sounding, prodotti stranieri con nome italiano. Sono tantissimi i marchi stranieri che potrebbero sembrare marchi italiani: ad esempio, come fa un consumatore americano a distinguere il prodotto vero da quello fake?
La rarità, l’elemento di forza del brand
Eppure nonostante le acquisizioni e il proliferare di nomi italiani nel mondo, il vero made in Italy resta ancora molto forte e riconosciuto a livello globale. La ragione è legata al concetto di rarità del brand. Le nostre materie prime sono spesso di rara qualità e si trovano solo in determinate aree geografiche (pensiamo ai nostri vini o al nostro olio). Lo stesso concetto di rarità lo ritroviamo nelle skills delle risorse umane: i lavoratori delle nostre aziende sono tecnicamente preparati, con competenze uniche e difficilmente imitabili. Sarà anche per questo che molti marchi di moda italiana hanno la loro scuola dove formano sarti e modellisti. Infine, altro elemento non di poco conto, la scarsa comunicazione. Il made in Italy esiste ma non si vede, poca pubblicità, eppure la sua presenza c’è e si avverte. La reputazione del brand oggi è ancora di gran lunga più forte delle minacce alla identità e delle imitazioni.