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Viaggio nei Giardini d’Europa

giardini Europa Italia

di Gottardo Pallastrelli

Viaggio nei Giardini d’Europa – Da Le Nôtre a Henry James

Una grande mostra sui giardini mancava da molti anni in Italia. Per trovare un evento simile si deve infatti ritornare con la memoria a quella famosa che si tenne a Firenze nel 1931. Fu inaugurata il 24 aprile di quell’anno nel Salone dei Dugento di Palazzo Vecchio e presentava un ricchissimo repertorio dedicato all’iconografia storica dei giardini a partire dal medioevo fino alla fine del Settecento. Nel catalogo della storica esibizione fiorentina Ugo Ojetti scriveva che “questa mostra intende rimettere in onore un’arte singolarmente nostra che dopo aver conquistato il mondo sembrò offuscata da altre mode o nascosta sotto nomi stranieri”. La mostra che si ora tiene a Torino nella splendida sede della Reggia di Venaria, fino al 20 ottobre, Viaggio nei Giardini d’Europa – Da Le Nôtre a Henry James, curata da Vincenzo Cazzato, con Paolo Cornaglia, Maurizio Reggi e il contributo di Paolo Pejrone, merita davvero una visita, ma non solo perché è la prima dopo tanti anni.

Il giardino, punto di incontro tra la cultura italiana e quella europea

La mostra torinese infatti è interessante soprattutto perché ci rivela in modo accurato, e con un linguaggio estremamente elegante, quanto il giardino sia stato un vivo e reale punto di incontro fra la cultura italiana e quella europea. L’esibizione torinese sottolinea quanto i nostri giardini siano stati la mèta privilegiata dei molti viaggiatori stranieri, intellettuali cosmopoliti ed eredi o partecipi del Grand Tour. Personaggi che contribuirono a creare dell’Italia un vero e proprio ideale artistico e culturale di cui si percepisce l’eco in tutta la letteratura e l’arte fino alla fine del XIX° secolo. E’ proprio attraverso le parole di quei viaggiatori che ci viene raccontata l’avventura dei giardini di tutta Europa. Suddividendo la mostra in dodici sezioni che raccolgono dipinti, disegni e bellissimi modelli lignei, si sottolineano le distanze e le similitudini fra le varie tipologie e i diversi ideali di giardini. E allora ecco che vengono riproposte ed esaltate le geometrie assolute di quelli italiani, ma anche le celebri fughe prospettiche dei giardini francesi fino ad arrivare alle “pittoresche” composizioni inglesi.

Il racconto dei giardini italiani

La scrittrice americana Edith Wharton ne fu un’appassionata visitatrice. Nel 1903 scrisse il suo famoso Ville italiane e loro giardini che ancora oggi viene considerata un’opera unica nel suo genere. Secondo l’autrice de L’età dell’innocenza gli antichi giardini italiani erano fatti per essere vissuti in rapporto alla casa e soprattutto in relazione al paesaggio circostante. Comprendere i più intimi aspetti della loro arte è dunque anche comprendere la vita e l’organizzazione sociale che a quei giardini si accompagnavano. Dell’ambiente e del circolo umano e letterario della Wharton facevano parte molti altri scrittori e studiosi anglosassoni. Grandi appassionati di giardini che dall’America e dall’Inghilterra arrivarono a Napoli, a Firenze, a Roma; ultimo esempio di una cultura raffinata che sarebbe stata di lì a poco travolta dalla guerra e dalle trasformazioni profonde del XX° secolo.

Henry James tra coloro che hanno celebrato i giardini

Fra loro, oltre a Bernard Berenson e Vernon Lee, è soprattutto Henry James che deve essere ricordato. E’ in un giardino di una villa di campagna inglese che si svolge la nota cerimonia del tè che dà inizio a Ritratto di Signora, il capolavoro dello scrittore americano. Proprio in un giardino di una vecchia casa sopra Firenze la protagonista, Isabel Archer, incontra poi il suo futuro marito. Mentre nel chiuso di una giardino veneziano si svolgono le trame e le passioni sepolte del Carteggio Aspern. Ma sono soprattutto le lunghe descrizioni nello splendido Ore Italiane che ci fanno rivivere le atmosfere incantate dei giardini di fine ottocento, sospesi fra l’Italia e l’Europa, che questa mostra ci consente di conoscere e apprezzare più approfonditamente afferrandone lo spirito e l’ideale cosmopolita. Henry James non a caso viene citato nel sottotitolo della mostra quasi come un punto finale del viaggio attraverso i giardini. E di lui bisogna ricordare quanto, oltre a farne oggetto privilegiato delle descrizioni nei suoi romanzi, ne fece un luogo della propria esistenza. La casa di Rye, nel Sussex, dove si ritirò negli ultimi anni, è infatti circondata da un bellissimo giardino disegnato dall’amico pittore Alfred Parson che divenne il rifugio prediletto dello scrittore americano.

Foto di Bilal EL-Daou da Pixabay

OCL

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