
di Giosuè Prezioso, storico dell’arte, curatore e docente
Giugno 2014. 200 partecipanti. Agenti della FBI, case d’aste, collezionisti e milionari s’incontrano a New York per una 3-giorni con pochi precedenti: parlare di un problema tangibile, complesso e a tratti ambiguo, su cui spesso si vocifera, ma di cui si conoscono forse poco i dati e la gravità: il mercato nero dell’arte. A qualche lettore verrà forse ora in mente qualche moneta romana maneggiata in casa di amici; ad altri magari piccole sculturine con firme ambigue di ‘Picasso’ o ‘Cézanne’, che altri amici ancora confermeranno aver scorto in qualche mercatino – e chissà, “magari un giorno se la faranno vedere da un esperto”… Il fenomeno è così grande che non è raro che alcuni di voi abbiano annuito dopo gli esempi.
Il terzo mercato nero più redditizio al mondo
I dati dell’introduzione si rifanno infatti ad un articolo del Newsweek del 2014, che descrive la convention realmente organizzata presso la New York University; un incontro straordinario per parlare del terzo mercato nero più grande al mondo: quello dell’arte. Un mondo così grande e resistente, confermano il Dipartimento americano di Giustizia e l’Unesco, che si stabilisce, dopo quello di droga e armi, come il mercato illegale più grande e resistente al mondo – almeno negli ultimi 40 anni. Per ripetere e riflettere: droga, armi e arte sono in fila i mercati illegali più grandi al mondo. E se i primi due, con intuizione, sono prevedibili, è il terzo a risultare a molti cacofonico e inaspettato.
A questo punto, dunque, è forse necessario riflettere sul quanto e come l’arte si classifichi ‘medaglia di bronzo’ d’illegalità, e, visto il comune senso di sorpresa di fronte a questo record, forse anche sul perchè, avanzando qualche soluzione per casa nostra.
Il valore dell’arte
Come primo punto è bene chiarire che l’arte è un asset. Non è solo un pezzo da contemplare dal punto di vista artistico e/o spirituale. L’arte, ai suoi più alti livelli, può avere un mercato che si difende benissimo se comparato a big come i mercati della finanza o dell’immobiliare. In questo grafico si noti come l’arte, classificata come “Top 500” in blu, dimostra una performance più o meno armonica nei trend degli ultimi 40 anni. Dopo le puntate di crescita negli anni ’90 e primi 2000, l’arte dimostra avere buone capacità di assestamento e ripresa; capacità che altre figure, dalla finanza all’oro, mostrano maneggiare con meno controllo, facendo del mercato dell’arte un player di tutto rispetto. Promette infatti picchi di crescita, assestamenti, e performance a metà fra la sicurezza dell’immobiliare e i brividi dell’oro. Sul perché l’arte sia dunque oggetto di nero, ci risponde in prima istanza la logica: l’arte è un asset economicamente valido e sicuro.
La fisicità dell’arte
Il secondo punto è relativo alla fisicità dell’arte. Nel paragrafo precedente si sono citati la finanza e l’immobiliare. Bene, tutti e due, in maniera diversa, condividono una caratteristica: l’essere spesso troppo virtuali (la finanza), o fisicamente non maneggevoli (l’immobiliare). L’arte – non tutta – ha la grande caratteristica di essere invece spesso trasportabile, nascondibile, e commerciabile. Questo la rende appetibile a transazioni fugaci e last-minute, da brevi ma redditizie negoziazioni. Non a caso l’arte è stata una delle ultime ‘monete’ di sopravvivenza di molti fuggitivi dell’Olocausto: ci sono casi di tele rimosse da cornici e traghettate in tasche o pertugi di tutto il mondo – si veda “Looted Art”. Quindi il come è presto spiegato: l’arte è redditizia e trasportabile – non sempre – ma sicuramente più di altri asset.
Il fenomeno dei furti d’arte
Un terzo ed ultimo punto coincide con quella che è definibile la ‘fenomenologia’ del furto d’arte. Rifacendosi agli esempi nell’introduzione: la moneta romana e/o la statuetta… Si torni per un secondo – per chi ne ha avuto esperienza – al momento di fronte all’oggetto. È desumibile che le reazioni provate siano state di vaghezza, ammirazione, un pizzico di invidia e forse timore, ma nulla di così allarmante. Eppure, l’oggetto maneggiato è vittima di un furto. Versa spesso in situazioni di conservazione pessima; potrebbe avere un valore storico-artistico-economico inestimabile; potrebbe appartenere affettivamente ad un collezionista o ad una famiglia … Il punto di questa immedesimazione è analizzare la forza della sua ‘fenomenologia’. Il furto d’arte confonde a tal punto da ispirare orgoglio e ammirazione, piuttosto che paura e perplessità. Immaginate ci fosse stata un’arma o della droga di fronte a voi. La ‘fenomenologia’ cambierebbe, probabilmente il gruppo di ‘art-hunters’ non lo vedreste più, lo denuncereste. È questa, in ultima analisi, una delle ragioni di successo di questo mercato folle.
L’Italia, prima al mondo per furti d’arte
E di follia in materia, in Italia, ce n’è molta. Un recente articolo de l’Espresso ci ricorda che l’Italia “è il primo paese al mondo per numero di furti d’arte”. “55 al giorno, e 20 mila all’anno” chiarisce il testo, con casi a volte di puro beckettianismo… Si pensi alla Pinacoteca di Bologna: “un ladro,” spiega l’articolo “è entrato con i visitatori ed è uscito con il “Sant’Ambrogio” [di Giusto de’ Menabuoi] sotto braccio.” “L’ha semplicemente staccato dal muro” chiarisce il testo, perché “la telecamera della sala puntava altrove”. Ecco i tre punti di cui sopra in un caso: buon rientro economico, facile trasportabilità e vincente fenomenologia – brivido, riuscita, orgoglio. E di casi esilaranti ce ne sono, come la Natività del Caravaggio in possesso di Totò Riina raccontata in situazioni drammatiche: “nascosta in una stalla e mangiata dai topi” – nelle parole di Floriana Bulfon, e ancora oggi chissà dove.
Progresso e senso civico per fermare i furti d’arte
Per frenare dunque questa criminalità, a metà fra il circense e il drammatico è necessario cambiare l’approccio: il furto d’arte è un furto. È criminalità, così come criminale è il soggetto che ha deciso di appropriarsene. Non è uno ‘smart art hunter’. È un criminale perché ha sottratto un bene economico ed artistico spesso unico al mondo. Oltre che a poter denunciare in prima battuta amici e avventurosi di questo enorme mercato, dovrebbe essere in prima battuta l’Italia, lo Stato, a rendere più consapevoli i propri cittadini sulle conseguenze di queste fraudolenze… per tradurre i frequenti sorrisi d’incredulità e disorientamento in bronci, fermezza e azione. Leggi più dure, pubblicità progresso e più senso civico in tutti.
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