
Vediamo la nuova riforma della scuola ed il suo impatto sugli studenti, lasciando perdere per ora personale docente e personale amministrativo.
Riduzione delle ore obbligatorie di Alternanza Scuola Lavoro e digitale
Innanzitutto, il nuovo governo ha rivisto l’Alternanza Scuola Lavoro. Più che di esperienza lavorativa si parlerà di orientamento al lavoro e sviluppo delle competenze trasversali. Gli studenti dei licei dovranno fare 90 ore di esperienza lavorativa obbligatoria e non più le attuali 200 ore e quelli degli istituti tecnici dovranno fare solo 150 ore contro le attuali 400. Eppure l’Alternanza Scuola Lavoro ha rappresentato uno strumento importante per aiutare i giovani studenti delle scuole superiori ad entrare in contatto con il mondo del lavoro. In che modo i nostri giovani potranno fare esperienza, crescere e recuperare il gap con il resto d’Europa? La nuova manovra prevede poi 120 professori esperti digitali: una task force che, da quanto capiamo, dovrebbe sostituire il vecchio PNSD ossia il Piano Nazionale della Scuola Digitale previsto dal governo Renzi.
Borse di studio e scuola per il Sud
Con il nuovo governo aumentano le borse di studio per gli studenti universitari e, tra queste, quelle per chi si specializza in medicina. La nuova manovra stanzia poi fondi per la cosiddetta Scuola Superiore per il Meridione, una scuola che ha l’obiettivo di valorizzare le eccellenza del Sud. Questo istituto nascerà dalla collaborazione tra l’università Federico II di Napoli, il Sant’Anna di Pisa, lo IUSS di Pavia e la Normale di Pisa. Ci piace l’idea di valorizzare le eccellenze del Sud. Ma molto spesso noi italiani, per dire che qualcosa funziona, diciamo che è eccellente. E l’ordinario? Di tutte le università del Sud Italia, e non solo, cosa ne sarà?
Cosa manca nella nuova manovra
In questa manovra per l’istruzione non si non parla di percorsi di studi nuovi, di innovazione, intelligenza artificiale, digitalizzazione. Non si parla del rapporto università ed aziende, di come far funzionare meglio i cosiddetti centri placement, per permettere ai giovani di entrare nel mondo del lavoro. Non sembrano esserci misure per evitare baronati che impediscono la meritocrazia e quindi lo sviluppo dell’università italiana. La manovra non sembra prevedere misure nemmeno per i 700.000 fuori corso o per evitare che i nostri giovani abbandonino gli studi universitari (siamo secondi in Europa).
L’università, ed il suo necessario rapporto con il mondo aziendale, sono grandi assenti.
La disoccupazione giovanile
L’OCSE ci dice che la nostra disoccupazione giovanile è tra le più alta dell’area e che per il 50% dei giovani, occorrono mediamente 5,9 anni per entrare nel mondo del lavoro (rapporto OCSE ottobre 2017).
Nel 2017 abbiamo registrato il 30% di N.e.e.t. tra i 18 ed i 24 anni, contro il 16% in Europa.
Per combattere la disoccupazione giovanile servono percorsi universitari all’avanguardia, tanta meritocrazia e solidi rapporti tra università ed aziende.
Per combattere la disoccupazione giovanile gli studenti devono sviluppare competenze innovative ed essere orientati al lavoro già dalle scuole superiori. In alternativa, possiamo continuare a credere che il reddito di cittadinanza, più in generale l’assistenzialismo, sarà l’antidoto alla disoccupazione giovanile.