
Antonella Salvatore
Nel 2015 la riforma della Buona Scuola del governo Renzi ha introdotto la cosiddetta Alternanza Scuola Lavoro, ossia 400 ore di esperienza pratica (o 200 ore per i licei) che gli studenti del triennio di scuola superiore devono svolgere nell’arco dei tre anni.
Eppure, nonostante si parli sempre del fatto che i giovani devono prendere contatto con il mondo del lavoro il prima possibile, questa riforma ha portato non poche polemiche.
Guardiamo la riforma dalle tre prospettive: la scuola, le aziende e gli studenti.
Intanto, cerchiamo di capire in che modo una scuola può far fare 400 ore di lavoro a tutti gli studenti del triennio. La stessa scuola deve attivare convenzioni e rapporti di collaborazione con le aziende vicine e, per farlo, necessita di personale, di risorse umane che possano e sappiano siglare questi accordi di collaborazione, che incontrino manager di azienda, che capiscano con loro le necessità ed in che modo implementare il programma. Cosa poi non meno rilevante, come si attiva tutto questo se la scuola si trova in aree disagiate o ad alta disoccupazione? Come fa, in tal caso, la scuola a siglare accordi? Ricordiamo anche che, solitamente, uno, o più professori, sono incaricati della Alternanza Scuola Lavoro, e quei professori devono essere il tutor scolastico degli studenti in alternanza.
Vediamo poi la prospettiva aziendale. Le aziende si devono rendere disponibili ad ospitare gli studenti, a seguirli con un tutor, a far fare loro esperienza lavorativa. Ma quanti studenti può ospitare una singola azienda? E poi, lo studente viene preparato prima o viene inserito direttamente all’interno del luogo di lavoro? Indubbiamente, per le aziende è importante capire se le risorse sono formate o da formare. Infine, non dimentichiamo che l’azienda deve a sua volta mettere a disposizione uno o più tutor.
E in tutto questo lo studente cosa pensa? Qual è la sua prospettiva?
Per molti ragazzi l’esperienza di Alternanza Scuola Lavoro è stata sicuramente importante ed interessante. Ma per tanti altri l’esperienza è stata vista come sfruttamento del lavoro, gli studenti hanno scioperato dicendo di non voler essere manodopera gratuita per le aziende. Hanno ragione loro?
Faccio allora una riflessione: qual è l’obiettivo della Alternanza Scuola Lavoro?
L’obiettivo vuole essere quello di avvicinare i giovani al mondo del lavoro, quello di affiancare agli studi l’esperienza pratica.
Forse l’Alternanza Scuola Lavoro dovrebbe aiutare i giovani innanzitutto a costruire le competenze comportamentali/trasversali ancora prima che quelle tecniche, la riforma dovrebbe forse supportare l’orientamento al lavoro e poi l’inserimento professionale?
Per orientamento al lavoro intendo spiegare ai ragazzi come ci si comporta in un ambiente di lavoro; intendo insegnare ai ragazzi come leggere il contesto, come gestire i conflitti, come lavorare in squadra. Per orientamento intendo aiutare i ragazzi nel self-understanding, ossia aiutarli a capire i propri punti di forza e di debolezza, a conoscersi, perché la ricerca del lavoro parte dall’interno e non dall’esterno: prima capisco chi sono e di quali risorse interne dispongo e poi decido che cosa fare.
L’Alternanza Scuola Lavoro metterebbe tutti d’accordo se, prima di costruire le competenze tecniche dei giovani, si costruissero le loro competenze comportamentali?
In questo modo, le aziende parteciperebbero in numero maggiore?
La riforma sarebbe più semplice da attuare se una parte di essa potesse essere fatta a scuola, facendo lavorare i ragazzi su progetti aziendali, sotto la supervisione di professori e professionisti?
Riflessioni sulla cultura del lavoro in Italia.