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Come affrontare il quiet quitting

Quiet quitting

di Antonella Salvatore

Dopo il fenomeno delle grandi dimissioni, il mondo del lavoro post-pandemia è entrato nella fase due, quella del cosiddetto quiet quitting.

Che cos’ è il quiet quitting?

Questa espressione inglese nata su Tik Tok, e divenuta oramai virale, sta a significare lasciar perdere il lavoro senza abbandonare il posto di lavoro. Lavorare, ma non troppo. Impegnarsi, ma senza esagerare, ossia fare il minimo indispensabile. La pandemia ha obbligato a riflettere, giovani e vecchie generazioni, sul significato della vita e del lavoro. Quello che però preoccupa di questo fenomeno è il comportamento di questi lavoratori durante l’orario lavorativo. Il quiet quitter è un soggetto che si impegna poco, che aspetta che gli sia detto cosa fare, che non si sforza di pensare a come migliorare o far crescere il proprio lavoro. Un lavoratore esecutore, che non porta grande valore all’organizzazione, ma che piuttosto potrebbe demotivare anche chi gli sta intorno.

Come affrontare il fenomeno del quiet quitting

Se tutti sanno cos’ è il quiet quitting, pochi sanno ancora come affrontarlo. Sicuramente il metodo obsoleto di far lavorare le persone rispettando un orario, piuttosto che avendo chiari gli obiettivi da raggiungere, non aiuta nella gestione dei quiet quitters. Questi individui contano il tempo che passa e aspettano la fine della giornata. Il mondo HR ritiene sia indispensabile responsabilizzarli e indurli a lavorare per obiettivi. Il secondo punto del problema riguarda l’inclusività. Occorre concordare gli obiettivi, piuttosto che imporli, e laddove possibile includere i lavoratori nelle decisioni. Terzo punto, le aziende hanno bisogno di esempi, di leader con autorevolezza, prima ancora che autorità. Direttori e manager devono essere da esempio per far capire che portare valore alla propria organizzazione significa contribuire a portare valore alla comunità a cui apparteniamo. Infine, proprio grazie ad una leadership autorevole si generano fiducia e stima, elementi che nutrono il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore.

Il valore della motivazione

Il fenomeno del quiet quitting rischia di far tornare il mondo del lavoro al tempo passato, a quando datori di lavoro e lavoratori vivevano perennemente contrapposti e in conflitto. Non possiamo soltanto classificare i quiet quitters come persone con poca voglia di lavorare. La responsabilità è anche di chi sta in alto, di chi sta a capo dell’azienda. Di chi ha sempre preferito il controllo dei lavoratori piuttosto che lo sviluppo del loro senso di responsabilità. Per capire il quiet quitting dobbiamo ricordarci che il motore della vita umana è la motivazione. Essa rappresenta l’insieme delle ragioni per cui agiamo e decidiamo ogni giorno. Mancando la motivazione, l’essere umano si ferma, come una macchina si ferma quando si rompe il motore. Proprio l’assenza di elementi motivazionali induce le persone a dimettersi oppure, e questo è molto peggio, a restare da quiet quitters, aggrappati a fare il minimo sindacale.

Foto di Lauren Mancke su Unsplash

OCL

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