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Il lavoro povero in Italia

lavoro povero

di Antonella Salvatore

Il 18 gennaio il Ministro Orlando ha presentato la relazione “Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa” , un rapporto che illustra il lavoro povero in Italia. “Un lavoro non sempre basta per evitare di cadere in povertà” ha detto il Ministro.

Cosa significa lavoro povero?

Innanzitutto, cosa intendiamo per lavoro povero? Il cosiddetto In work poverty, ossia l’indice europeo di povertà lavorativa, fa riferimento ad individui di eta’ compresa tra i 18 ed i 64 anni, impiegati per almeno sei mesi l’anno, il cui reddito non supera il 60% del reddito medio nazionale equivalente. Si tratta tuttavia di un indice che porta a sottostimare la situazione. Pensiamo ad esempio che questo strumento non include coloro che lavorano meno di sei mesi l’anno. E non considera i membri del nucleo famigliare. In poche parole, non possiamo paragonare chi lavora sette mesi l’anno e pensa solo a se stesso con chi lavora, e guadagna allo stesso modo, ma ha anche dei figli a proprio carico. 

Italia, quarta in Europa per povertà lavorativa

La relazione indica che dal 2006 al 2017 l’indice di povertà lavorativa nel nostro paese è peggiorato, passando dal 9,4% al 12,3%. Ma se includessimo nel calcolo anche quelli che lavorano meno di sei mesi l’anno, allora dovremmo dire che il 13,2% dei lavoratori ha un lavoro povero nel nostro paese. L’Italia è al quarto posto per povertà lavorativa in Europa.

La catena della povertà e della disuguaglianza

La relazione presentata al Ministero del Lavoro spiega che esiste una “catena di creazione di povertà e disuguaglianza”. Il primo anello di questa catena è rappresentato dal reddito individuale. Questo reddito deriva dalla retribuzione mensile, dalle ore settimanali lavorate, e dal numero di mesi di occupazione. Il secondo anello della catena è dato dai redditi della famiglia, ossia da quante altre persone lavorano nel nucleo famigliare e quanto guadagnano. Il terzo ed ultimo anello a creare povertà è’ infine dato dalle imposte e trasferimenti pubblici.

Cosa determina la povertà lavorativa in Italia?

Il lavoro povero in Italia deriva innanzitutto dai salari bassi. I dati indicano che il 25% dei lavoratori percepisce una retribuzione inferiore al 60% dello stipendio medio nazionale.  Poi segue il contesto economico- lavorativo nel nostro paese. Troppi contratti a tempo determinato o part time, lavori saltuari, interruzioni di attività lavorativa per cause di forza maggiore, tutti fenomeni che con la pandemia sono cresciuti in modo esponenziale. Infine, il contesto famigliare. Molti, tra coloro che hanno un lavoro povero, hanno una famiglia da dover mantenere.

In che modo l’Italia può ridurre il lavoro povero?

Per prima cosa serve iniziare dagli adeguamenti salariali, gli stipendi italiani sono bassi, e con l’aumento dei prezzi e delle bollette il numero dei lavoratori poveri sembra destinato a crescere. Poi prevedere strumenti a supporto del reddito, in work benefit. Ma occorre anche rivedere le modalità di calcolo dell’in work poverty europeo, che non contempla affatto chi lavora meno di sei mesi l’anno, proprio coloro che invece avrebbero più bisogno di aiuto.

Foto di Mika Baumeister su Unsplash

 

OCL

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