
La pandemia ci fa sentire spesso in prigione imponendo limiti alla nostra libertà, ma la gran parte di noi non sa neppure lontanamente cosa significhi essere in carcere. Per capire emozioni e stati d’animo dei detenuti ne parliamo con Tonino Di Toro, che si occupa di formazione, e che due anni fa ha raccolto in un docu-libro molte lettere d’amore giunte dai carcerati di tutta Italia.
“Lettere d’amore dal carcere”, come é nata l’idea di questo libro?
«Dall’incontro con Massimo Pamio, presidente dell’Associazione “Abruzziamoci” e direttore del “Museo della Lettera d’amore” di Torrevecchia Teatina nasce l’idea di introdurre una medesima iniziativa nel mondo penitenziario e riservato ai detenuti. Proposta l’idea al Dott. Enrico Capitelli e alla Dott.ssa Maria Lucia Avantaggiato, Educatore e Direttrice della Casa Circondariale di Lanciano (che hanno risposto con entusiasmo), nel febbraio 2013 è stata sottoscritta una Convenzione per l’organizzazione del Concorso. In carcere – anche nel terzo millennio – la lettera è ancora il principale strumento di comunicazione degli affetti. L’iniziativa ha subito avuto un grande successo, sono giunte oltre 1.000 opere dai penitenziari di tutt’Italia e da ogni regione. L’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha voluto insignire il Concorso con propria Medaglia per l’alto valore culturale e sociale dell’iniziativa. La necessità di non disperdere il patrimonio di sentimenti, di esperienze e di vita, espresse e raccolte, negli anni del concorso ha portato al docu-libro “Lettere d’Amore dal Carcere” (Nuova Gutemberg Lanciano). Nel 2019 il libro è stato presentato presso il “Senato della Repubblica Italiana” su invito delle Senatrici Emma Bonino, Paola Binetti e Stefania Pucciarelli.»
Che cosa impariamo dai detenuti?
«Il libro raccoglie testimonianze di uomini e donne emotivamente liberi nonostante i luoghi, le sbarre, i colori, i rimorsi. L’obiettivo sta nell’intercettare la corrispondenza d’amore dal carcere. Nel sollecitare i detenuti a compiere una riflessione su soggetti e oggetti d’amore che nella loro vita li avevano colpiti, e su esperienze d’amore che li avevano riguardati. Un obiettivo di evidente e immediato alto valore. Interviene in un ambiente spersonalizzante, deprivante, massificante, come il carcere, e su persone in stato di disagio e di sofferenza, e, prese da tutt’altri pensieri. L’iniziativa tende a valorizzare l’affettività dei detenuti, e a invogliare i reclusi a fare una riflessione rispetto ai loro “soggetti e oggetti d’amore”. Questa attività, molto valida dal punto di vista rieducativo, spinge il soggetto a effettuare una riflessione su persone, esperienze, momenti positivi vissuti. Consente di evadere dalla pesantezza della condizione detentiva e dalla sub-cultura carceraria che costringe – troppo spesso – ad abbrutirsi, ad annullare la propria sensibilità e le proprie emozioni, per far posto a sentimenti e a pensieri deteriori.»
In Norvegia solo il 20% torna a delinquere dopo il carcere. In Italia circa il 70%. La scrittura può aiutare i detenuti durante la pandemia e riabilitarli?
«Investire sull’educazione e sul welfare – scrive Antigone – costituisce una forma straordinaria di prevenzione criminale. Nei tempi brevi non produce consenso. Nei tempi lunghi produce sicurezza”. Come ha sempre detto Maria Lucia Avantaggiato, già Direttrice dell’Amministrazione penitenziaria di Lanciano, l’istruzione è uno dei percorsi per costruire alternative alla devianza. È inoltre un’opportunità per sfuggire all’inattività e alla solitudine della vita ristretta. Il concorso Lettere d’Amore ha aperto una finestra, sino ad allora nascosta, sul mondo del carcere, ha messo ben a fuoco la bellezza e la luce che sono nella persona detenuta. Ha raccontato che nessuno è tutto male, facendo emergere una umanità di grandissimo spessore che esiste e convive con il crimine e sulla quale puntare. Non sono le parole a parlare. Sono i fatti che provano il cambiamento, sempre possibile, tante volte realizzato con successo in tanti ex detenuti ora uomini liberi, un cambiamento che presuppone tanta formazione. La formazione è essenza vitale di un carcere salvifico, perché la libertà vera si fonda necessariamente sulla conoscenza, sull’assenza di pre-giudizi, sulla sconfitta dell’ignoranza. La conoscenza è uno dei deterrenti più forti contro il crimine, l’arma più efficace per la rieducazione e per contrastare la recidiva. Emblematica è una lettera d’amore dedicata “all’amata scuola” nella quale l’autore conclude scrivendo … “Vorrei che tutti provassero questo grande amore per te, perché se uno si innamora di te difficilmente arriva in posti come questo dove mi trovo io adesso!” Una nota scritta da una partecipante al Concorso 2020 recita: “Non importa se quanto inviato non verrà considerato positivamente, mi renderà libera il fatto che qualcuno mi legga, che qualcuno comprenda cosa prova una madre in carcere che non è solo privata della libertà ma privata di essere madre”. »
Foto di Emiliano Bar su Unsplash
Sentimenti ed emozioni unici e intensi che suggeriscono riflessioni profonde, anche, su una quotidianità alla quale non sempre si riesce a dare il “giusto peso”; è vero, spesso, non ci si rende conto di quello che si ha fin quando non la si perde: emblematiche sono le lettere d’amore all’amata “LIBERTà”.
La lettera come strumento per confessarsi, chiedere scusa e palesare i propri sentimenti;
i temi toccati sono i più svariati: il partner, i genitori, i figli, gli animali, i luoghi e tante altre di “Varie” tematiche non riconducibili a quelle già elencate.
Il sentimento, le emozioni, l’amore non hanno colori di pelle, non hanno etnie, non hanno differenze di genere né di stato sociale, non hanno mura né sbarre che possano inibirle o limitarne lo sviluppo e/o la diffusione. -Lettere d’amore dal carcere- “nuovagutemberg@libero.it”
Non è un vero e proprio commento, ma la testimonianza di un volontario che ha vissuto, oltre la propria attività di allenatore di una squadra di calcio a5, dentro il Super Carcere di Lanciano, anche qualche la “creazione” di questo brillante progetto. Nella seconda fase, sono stato coinvolto quale giudice per una classifica, del tutto improntata sulle emozioni, che in diversi giudicanti abbiamo affrontato. Lettura di decine e decine di lettere che mi hanno scosso e fatto riflettere su molti temi. Un’operazione degna di riguardo che ha donato a tutti, scrittori, lettori e pubblico, una varietà immensa di novità emozionali. La cultura non è solo la frequenza scolastica, ma anche farsi carico delle necessità di chi ha sbagliato e non è in grado di risollevarsi da solo. Ho partecipato alle letture in occasione delle premiazioni, ed anche qui, una messe di vibrazioni mi hanno investito. Perché questo mio intervento? Perché per opera di questo dannato virus, il progetto (non fermo) sta subendo un rallentamento ingrato. Vorrei che fattori esterni diamo una spinta affinché tutto possa accelerare per continuare spediti e donare, ai reclusi, uno spazio di “normalità” psicologica che li estranei dalle pene giornaliere, ai volontari la soddisfazione di vedere, questi, abbandonare le proprie vesti per quegli attimi d’amore e la società continuare a crescere dietro la spinta di percorsi di recupero che non siano solo parole vacue, ma fatti.