
Da secoli le vecchie generazioni dicono che i giovani non vogliono lavorare, pesano sulle spalle dei genitori, sono egoisti e, ultima novità, sono anche gli untori covid.
NEET e abbandono degli studi
Ma cominciamo dai dati e capiamo qualcosa di più sulle nuove generazioni in Italia. Nel nostro paese i dati ISTAT pre-covid mostravano circa 2 milioni di NEET in età compresa tra i 15 e i 29 anni. NEET, Not in Employment, Education or Training, persone che non studiano, non lavorano e non si specializzano. Una percentuale del 22,2% nel nostro paese, un confronto impietoso con il 12,5% dell’Europa. E sono pochi gli studenti universitari che si laureano. Mediamente il 27% dei ragazzi italiani raggiunge il traguardo della laurea contro una media europea vicina al 40%.
Scarsa presenza nella politica
E quanto contano in politica le nuove generazioni? Abbiamo una classe dirigente anziana, anche se vi è stato qualche cambiamento con l’ultimo governo. In generale i numeri sono bassi: gli under 40 nelle amministrazioni comunali sono il 22,2% mentre i membri di giunta il 9,95%. E quanti sono i giovani che vivono dentro casa con i genitori? L’ultimo dato del 2018, indicava che il 49,2% dei giovani tra i 25 e i 34 anni vive ancora con la famiglia di origine, contro il 4% della Danimarca. Recentemente i tecnici hanno anche detto che questa potrebbe essere una delle ragioni per spiegare l’alto numero di decessi per covid in Italia. Figli adulti che portano il virus dentro casa e lo trasmettono ai genitori.
55mila euro di debito a testa
Ma la nostra è anche la generazione con il debito pubblico più alto. Prima che lo tsunami coronavirus si abbattesse sulle nostre vite, l’Italia spendeva il 3,9% del PIL per gli interessi sul debito, contro l’1% della Germania per avere un termine di paragone. Millennials con 55 mila euro di debito dalla nascita. Ma è colpa dei giovani se sono NEET o se non arrivano alla laurea? Oppure piuttosto responsabilità di un sistema educativo-scolastico che fa fatica ad incontrarsi con il mercato del lavoro? In Italia sono tanti i programmi di scuole e università che non sono stati aggiornati per decenni, e in alcuni casi dovrebbero essere completamente cambiati. I nostri docenti sono i più anziani d’Europa, e anche quelli con le maggiori difficoltà nell’uso della tecnologia.
Manca il dialogo tra vecchie e nuove generazioni
Non possiamo neppure dare colpa ai giovani se le vecchie generazioni restano incollate alle poltrone, a partire dai politici, per poi proseguire in tutti gli altri settori. Non sono i figli a fare le leggi e le riforme, sono i padri. Fossero almeno le madri. E poi, non possiamo incolpare i giovani del debito pubblico. In questi anni, chi ha speso più di quanto fosse necessario? Infine, le nuove generazioni sono egoiste? Forse vogliono solo quello che spetta loro di diritto: un futuro. Lo hanno detto in tanti, l’Italia non è un paese per giovani. Ma potrebbe esserlo se ci fosse dialogo tra le vecchie e le nuove generazioni.
Giovani, semplicemente dimenticati
E se chi sta alla guida politica, economica, sociale di questo paese integrasse i giovani nel dibattito, ascoltasse cosa hanno da dire. Il pensiero laterale dei ragazzi, la loro capacità di vedere le cose da un altro punto di vista ma anche la loro familiarità con le tecnologie potrebbero portare l’Italia in un’altra direzione. E invece mancano i servizi per i giovani, e quindi per il futuro. Asili, scuole, digitalizzazione, innovazione, nuovi mestieri, orientamento al lavoro. Cosa sarebbe oggi l’Italia se avessimo sviluppato questi servizi negli anni? Nel nostro sistema paese i giovani sono semplicemente dimenticati. Non riusciamo ancora a fare posto per loro. E a chi risponde “è vero, ma i giovani non si fanno sentire e non alzano la propria voce”, vorrei dire “ma noi grideremmo in un mondo governato da sordi”?
Foto di Devin Avery su Unsplash