
Tutti, persino i più bravi d’Europa, fanno fatica a contrastare il virus e a capire quale equilibrio mantenere tra libertà individuale e sicurezza della popolazione. Tuttavia, quello che noi italiani non dobbiamo mai dimenticare è che la differenza tra noi e gli altri paesi non sta nel problema, ma nell’impatto del problema. In altre parole, quello che ci distingue, gli uni dagli altri, sta nel cumulo di macerie post-covid che ciascuno si ritroverà a gestire quando tutto questo sarà finito.
Il 54% dei medici italiani ha più di 55 anni
Partire dalla sanità sembra scontato. Pare che l’Italia non sia messa così male rispetto agli altri paesi, siamo al secondo posto in termini di medici per abitanti. Ma siamo quelli con i medici con l’età media più alta (il 54% ha più di 55 anni). Mancano i giovani e, neppure a dirlo, mancano medici donna.
Ultimi per competenze tecnologiche
Ma subito dopo la sanità, abbiamo un’altra emergenza da cui non possiamo prescindere. Si tratta del rapporto con la tecnologia e delle competenze che la popolazione italiana ha acquisito negli anni. Il rapporto DESI 2020, Digital Economy and Society Index analizza il capitale umano europeo attraverso due fattori legati alla competenze tecnologiche. Il primo, l’utilizzo di internet, e il secondo, avere competenze avanzate anche in termini di sviluppo. Il quadro che emerge da questo rapporto 2020 della Commissione Europea è sconfortante. L’Italia è ultima, insieme a Romania e Bulgaria. La classifica è invece guidata da Finlandia, Svezia ed Estonia, tra le prime nazioni ad avere competenze tecnologiche avanzate. Forse la notizia non sorprende nessuno, solo pochi mesi fa l’ISTAT aveva dichiarato che un terzo delle famiglie non ha un computer o un tablet in casa.
Solo lo studio crea posti di lavoro
Proseguiamo l’analisi passando per l’istruzione. I nostri ragazzi sono risultati peggiori al PISA test, e l’Istat ci conferma il paese meno scolarizzato d’Europa. La ragione? Potremmo forse ricercarla negli investimenti passati sempre più ridotti. Prima della emergenza covid l’Italia era arrivata ad investire appena il 3,7% del PIL in education. La stessa DAD, Didattica a distanza rappresenta un risultato degli scarsi investimenti, Ma cosa ancora più grave, nel corso degli anni, è stato dato poco rilievo al lavoro degli insegnanti. Per anni i governi non hanno investito sulla formazione dei docenti, e sulle assunzioni di personale qualificato. Anche qui, come nel caso dei medici, l’Italia ha il primato per gli insegnanti più anziani. Ultimo ma non ultimo, corsi innovativi, nuovi percorsi di studi, investimenti su discipline STEM, incontro tra mondo umanistico e scientifico che tarda ad arrivare. Servono cervelli capaci di dialogare con gli umani e coi robot. Si direbbe allora, come hanno già detto in tanti, che questo non sia un paese per giovani. Si direbbe anche che forse dovremmo imparare a rivedere le priorità per il futuro. Prima di parlare di lavoro, e di promettere occupazione, si devono creare le condizioni per creare posti di lavoro. Queste condizioni le crea l’istruzione.
Tutta colpa dell’improvvisazione
La vita è quasi sempre diretta conseguenza delle decisioni che si prendono e delle azioni che si compiono. Siamo piegati da un nemico invisibile ma, ancora prima, siamo stati piegati dal virus dell’improvvisazione. Quell’arte di improvvisare tipica di chi studia poco, di chi vuole fare poca fatica, di chi spesso bara, “in fondo non lo fanno tutti?”. Tratto distintivo di coloro che si ritrovano a gestire qualcosa di grande senza aver mai gestito prima qualcosa di piccolo. È tutta colpa dell’ improvvisazione. È solo la maledetta arte d’improvvisare che rende gli esseri umani inadeguati.
Foto di Julius Drost su Unsplash