
Ogni qual volta abbiamo pensato ad una guerra abbiamo sempre avuto in mente il nucleare e le armi. Invece la nostra guerra riguarda la sopravvivenza degli umani in un mondo che vede la tecnologia prendere il sopravvento. Nel contempo, un essere invisibile attacca la nostra salute e impedisce, o limita fortemente, la relazione con gli altri.
La nostra guerra
Impossibile fare “assembramenti”, parola che fino a qualche mese fa usavano solo i vigili urbani nel caso di manifestazioni pubbliche. Oggi festeggiare un compleanno o godersi uno Spritz al tramonto si chiama “assembramento”. Quanto è cambiata la nostra prospettiva negli ultimi mesi. Eppure, ci piaccia o no, questa guerra dobbiamo affrontarla e vincerla, semplicemente perché essa rappresenta l’unica strada verso il futuro. Il punto non è continuare a convivere con il virus, dicono sarà così per molto tempo. La questione invece, è che non torneremo più indietro in quanto siamo entrati in una nuova era per l’umanità. Ne è della nostra vita, e non parlo solo di quella fisica, quanto della nostra esistenza sociale, culturale e relazionale. Vogliamo vivere o “tirare a campare”?
Una nuova era per l’uomo
Torneremo davvero a prendere un treno da Roma a Milano per andare in riunione e poi rientrare a casa in giornata? Avremo voglia di alzarci presto, sostenere sei ore di viaggio o piuttosto preferiremo seguire il meeting online? Ci caricheremo ancora come muli, braccia e spalle pieni di pacchi di acqua e buste di spesa? O piuttosto ci faremo consegnare la spesa sul pianerottolo, come abbiamo imparato a fare per paura di contagiarci? Sarà davvero necessario andare ogni giorno in ufficio, fare km di fila e consumare benzina? Oppure basterà essere presenti una-due volte a settimana, lasciando la scrivania ai colleghi negli altri giorni? Avrà senso mandare i figli a scuola tutti i giorni? Oppure un paio di giorni a settimana potrebbero restare a casa e fare esercizi e lezioni online? Le risposte sembrano quasi scontate. Certo vogliamo la relazione con gli altri. Certo l’essere umano ha bisogno di interagire, amare, detestare, emozionarsi, capire, apprendere. Ma se esistesse un modo più semplice e meno costoso di fare tutto questo? Se potessimo raggiungere quell’equilibrio perfetto in cui le macchine fanno lavori faticosi e gli umani si concentrano sul benessere proprio, della comunità e del pianeta?
L’Italia rischia di restare nel passato
L’appuntamento con il futuro non può più aspettare, noi italiani siamo già in ritardo. Secondo l’ultima indagine UIL-EURES ’Italia si colloca al posto n.25 in Europa per la digitalizzazione della pubblica amministrazione: pesano come un macigno i ritardi della sanità e dell’istruzione. E a proposito di scuola, il nostro paese è tra i meno scolarizzati d’Europa secondo l’ISTAT. Il 78,4% della popolazione europea tra i 25 e i 64 anni ha un diploma mentre da noi la percentuale si riduce di oltre 16 punti. Per le lauree il rapporto è 40,3% in Europa contro 27,6% in Italia. Il problema italiano resta culturale e mentre il mondo entra in una nuova era il nostro paese rischia di ritornare nel passato.
L’appuntamento con il futuro non può essere rimandato
Viviamo di assistenzialismo, che va bene in emergenza, ma “io speriamo che me la cavo” non può essere l’unica filosofia di vita. Secondo gli ultimi dati 1,1 milioni di famiglie percepiscono il reddito di cittadinanza mentre 1,1 milioni di persone hanno ottenuto bonus e reddito di emergenza in questi mesi. Sommiamo a questi numeri i 16 milioni di pensionati che (giustamente) percepiscono la pensione, chi potrà mandare avanti l’Italia se non investiamo? L’ultimo articolo di The Lancet sugli sviluppi demografici di 195 paesi mostra uno scenario apocalittico per il nostro paese: 30,5 milioni di abitanti nel 2100 contro gli attuali 60. Assistere rappresenta una strategia a breve termine, sicuramente porta voti, ma non fa bene agli italiani. Investire significa pensare alla scuola, ai giovani e a nuovi percorsi di studio. Vuol dire digitalizzare la pubblica amministrazione eliminando la sua burocrazia e i suoi costi. Pensare a lungo termine significa anche rafforzare la sanità pubblica. Il Covid ci ha insegnato che istruzione, medici, terapie intensive, tecnologie sono le prime armi per fronteggiare questa guerra. Investire per ricostruire il senso della “res publica”, che da anni sembra perduto. Solo così arriveremo ancora in tempo al nostro appuntamento con il futuro.
Foto di Bud Helisson su Unsplash