
La nanotecnologia restaura il patrimonio culturale italiano, garantisce lavori precisi, stravolge le tecniche di manutenzione e restauro usate nel XX secolo. La nuova frontiera digitale cambia il modo di conservare e di manutenere i beni culturali e artistici. Se pensiamo al potenziale espresso dalla tecnologia dobbiamo comprendere il suo valore e la sua peculiarità nell’attuale momento storico, caratterizzato in maniera preponderante dal web. Conviene sottolineare la possibilità di pensare a specifici percorsi formativi che siano in grado di promuovere nuove figure professionali, perché i giovani possono dedicarsi al restauro dei beni culturali italiani. La professionalità per realizzare interventi con la nanotecnologia si acquisisce con studi appropriati; sono molteplici gli ambiti sociali dove applicare questa tecnologia digitale. Carmine Marinucci, Presidente Associazione Internazionale #DiCulther ed ex Dirigente dell’Enea, approfondisce la potenzialità espressa dalla nanotecnologia al fine di evidenziare la sua applicazione nella cultura e negli altri ambiti della società.
Il digitale a beneficio del patrimonio culturale. Come realizzare un restauro con la nanotecnologia?
«Era la fine degli anni ’50 quando Richard Feynman (Nobel ’65, Fisica), in un celebre discorso intitolato “There’ s Plenty of Room at the Bottom”, diede inizio alla ricerca mondiale nel campo della nanoscienza; nel 1974 viene brevettato il primo dispositivo elettronico molecolare dall’IBM. Proseguono negli anni ’80 le prime applicazioni come l’invenzione della microscopia effetto tunnel (IBM-Zurigo), la Dupont progetta la prima fino al ’93, quando nasce alla Rice University (USA), il primo laboratorio di Nanotecnologie. Fu un inizio che conduce allo studio, alla ricerca e alla messa a punto di metodi e tecniche per la “manipolazione” della materia su scala atomica e molecolare con l’obiettivo di “costruire” materiali nuovi e prodotti con speciali caratteristiche chimico fisiche, letteralmente atomo per atomo. Furono usate applicazioni semplici per la creazione di nuovi e potenti materiali e strumenti per manipolare oggetti su qualsivoglia scala dimensionale e applicazioni più avanzate alla base di nanocomputers massicciamente paralleli, auto-replicazione e nanodispositivi intelligenti, capaci di interagire col loro ambiente. Questo studio permette di qualificare e progredire nel settore della medicina, dell’ICT, dell’energia, degli alimenti, anche se restano aperte le questioni relative al loro impatto sull’ambiente e sulla salute umana, con particolare riferimento ai soggetti professionalmente esposti per l’instabilità di alcune nanostrutture in grado di influenzare la stabilità e le funzioni biologiche delle molecole a livello di DNA».
Questa tecnologia può essere applicata su qualsiasi opera storica e architettonica?
«Fra gli innumerevoli campi di applicazione, a cui partecipano in maniera importante tutti gli Enti di Ricerca Nazionali (CNR, INFN ed ENEA), la diagnostica sta assumendo particolare interesse specialmente per la conservazione del nostro patrimonio culturale, in quanto le applicazioni delle nanoscienze e nanotecnologie e la predisposizione di nuovi materiali nanostrutturati o monofunzionali e dispositivi molecolari per la diagnostica, la conservazione, il monitoraggio e la manutenzione del patrimonio culturale di diversa tipologia (dipinti su tela/tavola, dipinti murali, vetri, ceramica, materiale lapideo) sono oggetto di un intenso studio scientifico da parte dei ricercatori dei citati tre Enti di Ricerca con qualificanti risultati scientifici nei settori della caratterizzazione dei materiali costitutivi e della loro provenienza per manufatti quali mosaici, vetri, ceramiche, dipinti, metalli, lapidei, superfici dell’edilizia storica, moderna e contemporanea, mediante la messa a punto di metodologie di microscopia elettronica SEM-TEM, diffrattometria elettronica (EBSD) e spettroscopiche (IR,NMR, Raman) per la caratterizzazione di nanoparticelle responsabili delle diverse proprietà (ottiche, meccaniche, termiche delle matrici studiate), e delle tecniche di esecuzione. Un altro campo di indagine è la valutazione dello stato di conservazione dei manufatti e dell’efficienza dei trattamenti conservativi, con particolare riferimento ai meccanismi di degrado, sviluppando nel contempo procedure di monitoraggio e manutenzione preventiva, nonché il settore della sintesi e sperimentazione di prodotti innovativi per la conservazione. Sono stati testati con successo alcolati a diversa nuclearità e loro trasformazione nel substrato e geopolimeri a diversa composizione e lo sviluppo di trattamenti conservativi – metodi di pulitura, consolidamento e trattamenti di superfici finalizzati – con particolare attenzione all’uso di sostanze e/o metodologie a basso impatto ambientale, ad esempio pulitura con nanocontainers in solvente acquoso, criosabbiatura».
Quali percorsi formativi sono da segnalare per insegnare la nanotecnologia?
«Il Progetto Training Camp Molise – Innovazione e Archeologia, in corso di organizzazione con l’Università degli Studi del Molise, DiCultHer, INFN, ENEA, CNR e con il Segretariato Generale e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e paesaggio del Molise, prevede una settimana di formazione sulla diagnostica avanzata non invasiva in situ per lo studio dei beni culturali. Il “Training Camp Molise” si svolgerà a San Vincenzo al Volturno (affreschi, scavi, reperti), Castello di Gambatesa (affreschi), Castello Pandone (affreschi), Castello Pandone (dipinti) e il Castello Pandone (dipinti) ed è rivolto a laureati provenienti da diversi percorsi di studio (umanisti, storici dell’arte, archeologi, fisici, chimici, restauratori), interessati ad approfondire alcuni aspetti relativi all’applicazione di tecnologie non invasive per l’analisi di beni culturali. Un altro campo di interesse saranno le tecniche di indagine strutturale su opere e reperti (forniscono informazioni sulla struttura esterna e interna) quali la radiografia digitale, la tomografia e il rilievo e modellazione 3D».
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