
La pandemia ci ha messo faccia a faccia con la verità che l’uomo non è invincibile, misura di tutte le cose e centro dell’universo. Abbiamo cambiato i nostri modi di vivere, alcuni di noi in maniera rivoluzionaria. Siamo meno presenti, là fuori, dove si aggira il nemico.
La natura riprende i suoi spazi
Ed è proprio oltre le mura di casa, dove la nostra presenza è venuta meno, che altre creature hanno cominciato a riprendersi i loro spazi. A riconquistarli, dopo anni di nostra arrogante imposizione. Finalmente realizziamo che non esistiamo solo noi al mondo. Il lockdown ha permesso all’ambiente di abbassare la guardia, attenuare la resistenza e tirare un respiro di sollievo. Solo rallentando abbiamo compreso quanto la nostra vita frenetica e caotica influisca negativamente su tutto quel che ci circonda. Qua e là per l’intero Paese, i pochi che si aggirano per le strade deserte scattano fotografie che a prima vista sembrano fotomontaggi: mamma cinghiale e i suoi piccoli in giro per Bologna, anatre a spasso per Torino, oche in centro a Treviso, meduse nei canali di Venezia, balene nello Stretto di Messina. E così in tutto il pianeta, sfregiato della pandemia. È bene evidenziare come l’esistenza di specie selvatiche nelle nostre città non sia una novità assoluta. Chiusi in casa, con meno cose da fare, abbiamo più tempo per guardare oltre, fuori dalle finestre, e notare la presenza delle tante creature che prima ignoravamo. A volte serve prendere le distanze dalla realtà, osservarla da una posizione differente, per accorgersi di quanto sia varia e straordinaria. Le diverse specie che stiamo osservando con grande sorpresa non si sono materializzate dal nulla, in così poco tempo, come degli alieni, ma c’erano anche prima. La natura si riprende i suoi spazi, sì, ma dobbiamo considerare due aspetti che possono risultare fuorvianti. Da un lato, l’influenza e l’enfatizzazione dei social network, con la viralità di alcuni video e fotografie. Dall’altro, il nostro bisogno di notizie positive in un periodo segnato da parecchi fatti negativi.
Avevamo dimenticato il mondo che ci circonda
È un dato di fatto, però, che l’assenza di persone, la diminuzione del traffico e una minore gestione del verde urbano abbiamo portato molte specie a farsi avanti, a testa alta, attraversando strade deserte dove prima avrebbero rischiato la vita o nuotando in canali cristallini dove un tempo erano disturbati dai motori e dagli scarichi delle tante, troppe, imbarcazioni. Gli animali sono sempre in allerta, cercando di sopravvivere alle trappole mortali che il vivere degli uomini, involontariamente, costruisce. Loro si adattano, più dell’uomo stesso, ai nostri ritmi frenetici e interagiscono quotidianamente con noi, ma nemmeno ce ne accorgiamo. Nelle città italiane c’è una natura che diamo per scontata. Non solo i piccioni di piazza Duomo, abituati ad essere sfamati da migliaia di turisti. O i topi, quelli che stanno attendendo nei cassonetti gli avanzi dei locali chiusi ormai da tempo. Appena fuori dai grandi centri tantissime specie si sono adattate ai nostri ritmi: cervi, rospi, cinghiali. E parlare di natura vuol dire considerare anche i molti alberi, il verde, quello che alcuni ritengono inutile ma che, al contrario, è essenziale alla vita. Siamo tutti interconnessi, legati da equilibri fragilissimi e elementi di un ecosistema (eco, dal greco “ambiente”, “posto per vivere”, “casa” e da sistema, ovvero “insieme di parti separate e tra loro interdipendenti”).
L’ambiente da proteggere
Le conseguenze delle nostre azioni antropocentriche e irresponsabili sull’ambiente potrebbero portarci a dover vivere ripetute emergenze, se non sanitarie, naturali. Il surriscaldamento globale dovrebbe preoccuparci quanto una pandemia, provocando ingenti danni alla nostra salute e all’economia globale. L’unico rimedio è – non sarà – il nostro atteggiamento nei confronti del mondo che ci ospita. Mentre altre creature tentano, ingenuamente e con fare quasi rivendicativo, di riappropriarsi dei nostri spazi, non limitiamoci a condividere le loro immagini, andiamo oltre. In queste settimane di isolamento abbiamo riscoperto cosa voglia dire sentirsi a casa, appartenere a un luogo e prendersene cura. È ora di applicare questo rispetto al mondo che abitiamo, alla nostra grande casa. Ritrovare l’empatia perduta verso una natura che non deve più essere vista come nemica, estranea. Si ripete che nulla tornerà più come prima, che il mondo si è stravolto e che le grandi economie mondiali sono al collasso. Se da un lato si muore, dall’altro si può tornare a vivere. Non si auspica la sconfitta dell’uomo, assolutamente. Al contrario, si crede nel possibile bilanciamento e ricongiungimento tra uomo e natura: un binomio vincente. In un ambiente meno inquinato, più salutare, con pochi rumori e più aree verdi. E se davvero la natura si sta riprendendo i suoi spazi, andiamole incontro.
Foto di Antonella Salvatore