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Nasce la nuova Italia

nuova Italia

di Antonella Salvatore

Il coronavirus ha stravolto le nostre esistenze e cambiato le nostre abitudini. Ha portato morte e disperazione e sappiamo che non è ancora finita. Sappiamo anche che porterà dolore e recessione. Ma covid-19 ha avviato un cambiamento epocale che non possiamo ignorare e che comincia a farci vedere il volto di una nuova Italia. Un paese diverso, da tanti punti di vista: relazioni, lavoro, istruzione, solidarietà, pubblico e privato.

Il valore della ricerca scientifica e della medicina

Questa pandemia ha fatto capire il valore della ricerca e della medicina. Abbiamo permesso ai ricercatori italiani di andare via e di portare all’estero il loro valore: secondo il rapporto “Il mercato del lavoro 2018”  redatto dal Ministero del lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal, all’estero i ricercatori presso enti pubblici sono il triplo di quelli italiani. Mediamente il 20% dei nostri ricercatori decide di lasciare il paese e fuggire altrove. Ci auguriamo di aver capito a cosa serve la ricerca e come mai esistono ancora le facoltà di biologia. Abbiamo tagliato ospedali e strutture sanitarie pubbliche dal 1995 ad oggi: 311 mila posti letto nel 1995, solo 190 mila nel 2017. Abbiamo bloccato i bandi di assunzione per medici e infermieri pur avendo la popolazione più vecchia del mondo. Ora speriamo di aver capito che la medicina rappresenta una delle armi per affrontare il futuro.

Un sistema pubblico più rapido e snello

L’altra arma per fronteggiare quello che ci aspetta è data dall’istruzione. Il virus ha obbligato il nostro sistema scolastico, anche se non perfetto, a implementare la didattica a distanza e portare le lezioni nelle case degli studenti italiani. Un miracolo potremmo dire, un grande sforzo di volontà. Anni di riforme e migliaia di parole da parte dei politici non hanno prodotto gli stessi effetti di poche settimane con covid-19. Il virus ha anche imposto di superare la burocrazia, in pochi giorni abbiamo ottenuto cambiamenti che, in altra epoca, avrebbero richiesto anni. Un paese, per decenni tra polemiche e mancato decisionismo, di colpo capisce che senza decisioni questa volta si va veramente a fondo.

Tra lavoro e solidarietà

Prima di covid-19 solo il 3% degli italiani lavorava in smart working. Imprenditori sospettosi, con il senso del controllo, hanno sempre pensato che lavorare da casa significasse non lavorare. Ora le aziende italiane capiscono che stando a casa il lavoratore si sente più responsabilizzato e controllato, produce di più, e in meno tempo, ed è più soddisfatto. In tutto questo, si riducono i costi degli spostamenti, migliorano le condizioni del traffico, scende il tasso di inquinamento così come i costi di utenze, infrastrutture e affitti. Ma il virus ha anche fatto emergere una solidarietà inaspettata, a livello individuale così come imprenditoriale. Aziende di moda che fanno mascherine e camici per i medici, hotel che ospitano malati o che preparano da mangiare per gli anziani sono solo alcuni esempi.

Il rapporto con noi stessi

Se quanto detto finora riguarda scuola, lavoro, relazioni, c’è un’ultima lezione che apprendiamo da questa emergenza e riguarda noi stessi. Cattolici o no, difficile non concordare con le parole del Papa «abbiamo pensato di essere sani, in un mondo malato». Il coronavirus ci ha obbligati a fare i conti con noi stessi e a capire su cosa si fonda realmente la nostra vita. Un’ Italia malata, in fondo lo sapevamo, che non ha mai avuto realmente lo stimolo di cambiare per migliorare. Ora lo stimolo è diventato necessità. Abbiamo imparato a memoria le parole dell’inno nazionale e capito che non si tratta di una canzone da stadio. Siamo riusciti a far tacere il germe del razzismo. Ci siamo commossi nel sentire il primo ministro albanese ringraziarci (in italiano) per aver accolto gli albanesi quando ne avevano bisogno e dire «Non siamo ricchi, ma neanche privi di memoria…l’Albania e gli albanesi non abbandonano gli amici in difficoltà…».

Allora auguriamoci che tutto ci resti impresso nella memoria, non solo le cose negative ma anche e soprattutto quelle positive. Perché solo così potrà nascere la nuova Italia.

Photo by Alex Hockett on Unsplash

OCL

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