
L’emergenza Coronavirus ha fatto passare in secondo piano, per non dire in terzo e in quarto, la Global Ministerial Conference on Road Safety che s’è tenuta a Stoccolma alla fine di febbraio. La riunione è stata molto partecipata: sono infatti intervenuti oltre 1700 rappresentanti istituzionali di 140 nazioni. L’Ansa ha riportato la previsione allarmante lanciata nel corso dei lavori dall’Onu e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): da qui al 2030 potrebbero morire, a causa degli incidenti stradali, 500 milioni di persone, se non si interverrà con decisione per contrastare i fatali «crash quotidiani».
Le statistiche mondiali
Non sono state svelate le premesse di questa stima da capogiro. Certo è che ogni anno, nel mondo, come è stato ribadito nel corso del summit, perdono la vita sull’asfalto oltre un milione e 350mila persone. Cioè l’equivalente di una grande città. «È necessario accelerare l’adozione di misure per salvare vite umane», ha dichiarato il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. Il 93% dei «crash» si verifica nei Paesi a basso e medio reddito, dove è presente il 60% dei veicoli circolanti del pianeta. C’è, poi, il dato cinico, di cui gli uomini di Stato devono tenere conto: quello dell’impatto economico-sociale degli incidenti. I «botti» costano a tanti Paesi il 3% circa del prodotto interno lordo, dicono da Stoccolma. Così la raccomandazione finale, emersa dalla Conferenza, è stata quella di ridurre del 50% le vittime, soprattutto fra gli utenti deboli, nei prossimi 10 anni.
Si muore più di incidenti che…
A livello mondiale, i «crash stradali» sono all’ottavo posto fra le cause di decesso, secondo le stime del Global Health Observatory (GHO) dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Nella speciale classifica nera, i sinistri risultano appena al di sotto del diabete, attestato al settimo posto, e più letali di tante, brutte malattie, fra cui la tubercolosi. Per la cronaca, nel 2010 gli scontri si trovavano in decima posizione. Gli incidenti rappresentano la prima causa di morte dei giovani di età compresa fra i 5 e i 29 anni, anche questo è stato ribadito a Stoccolma. E ciò vale pure per l’Italia.
Le strade europee
«Hai mai notato che chiunque vada più lento di te è un idiota, ma chiunque vada più veloce è un pazzo?», diceva George Carlin, comico statunitense. Velocità, distrazione (del tipo chattare al telefono durante la guida), mancato rispetto delle precedenze, ma anche uso di alcol e stupefacenti: le cause principali dei «botti» sono queste. A livello europeo esistono dei limiti di velocità abbastanza omogenei, soprattutto sulle strade urbane. La Spagna, a fine 2019, ha abbassato la soglia sulle extraurbane da 100 a 90 km/h, e la Francia nel 2018 da 90 a 80, suscitando rumorose proteste. Differenze di qualche rilievo, nella Ue, riguardano le autostrade. E c’è il caso Germania, unico luogo al mondo dove puoi schiacciare l’acceleratore a tavoletta. La proposta di portare il limite sulle «autobahnen» a 130 km/h, come in Italia, è stata bocciata con risolutezza dal Bundestag.
Perché le auto sono più veloci dei limiti?
Non s’è mai aperto un dibattito vero sul perché vengano costruite automobili, scooter e motociclette, con una velocità massima di gran lunga superiore a quanto previsto dalla legge. Sembra un paradosso. Ed è un paradosso globale. Anche perché in pochi hanno la possibilità di andare a correre in Germania. La questione non riguarda solo le supercar, ma pure le utilitarie, ormai con prestazioni equivalenti a quelle delle sportive di una volta. Di fronte ad auto così performanti bisognerebbe tenere alta l’asticella dei controlli. Invece non si può dire che il nostro Paese brilli in questo senso, soprattutto in alcune realtà urbane, dove vige la legge della giungla. E non dimentichiamo il caso del «depotenziamento» della polizia stradale.
Come una guerra
Ecco, gli scontri fra le auto mietono le vittime di un conflitto bellico. O di una pandemia. Ma non ci si pensa. Li riteniamo quasi inevitabili, gli incidenti. Come fossero gli effetti collaterali di un’epoca dove tutto è sempre più accelerato. Non incutono il terrore dei virus, né dei proiettili o delle bombe. Molti guidatori, e fra di loro tantissimi giovani, non se ne curano affatto dei rischi al volante. Al contrario, l’automobile rappresenta il mezzo per cercare l’ebbrezza di una sfida, o della trasgressione. È il paradosso – afferma qualcuno – di vivere in tempo di pace: si dà meno valore alla vita. Non siamo in guerra, è vero. Anche se i numeri direbbero il contrario.
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