
Nel crudele gioco degli scacchi, il pedone è il pezzo più debole: è piccolo, goffo, lento nei movimenti, intralcia gli spazi e spesso viene sacrificato. Nella vita reale, cioè nel caotico traffico quotidiano, avviene più o meno lo stesso: il pedone, ma stavolta in carne e ossa, è considerato un fastidioso ostacolo, anche quando attraversa nei risicati spazi a lui consentiti. Così viene abbattuto. Stampato a morte sull’asfalto. È una realtà ben nota a tutti gl’italiani, quella delle sagome segnate col gesso bianco sul nero del catrame, specialmente agli abitanti della capitale.
L’esempio del Nord Europa
A Oslo, capitale della Norvegia, nel 2019 è stata registrata una vittima in incidenti stradali. Una sola. Trattasi di un guidatore, che, col proprio mezzo, ha impattato contro una staccionata metallica. Domanda: perché specifichiamo la dinamica? Risposta: in quanto il fatale botto ha riguardato esclusivamente un veicolo e la persona al volante. Detto questo, va evidenziato un fatto straordinario: a Oslo, in tutto il 2019, non ci sono stati morti fra gli utenti deboli della strada, come bambini e anziani. Da quelle parti il pedone pare non venga considerato come un pezzo da sacrificare. Per la cronaca, i dati certificano anche zero-vittime fra i ciclisti. E non si tratta di un caso isolato. A Helsinki, per fare un altro esempio dell’Europa del Nord, le statistiche 2019 hanno segnalato tre «perdite» complessive in incidenti stradali: due motociclisti e un automobilista. Anche nella capitale della Finlandia nessun «trapassato» fra gli utenti deboli.
La scacchiera romana
Per essere certi di poter raggiungere in sicurezza il marciapiede opposto, i pedoni romani dovrebbero vantare lo scatto, la lucidità e i riflessi degli atleti olimpici; costretti, come sono, a subire le angherie e le «minacce» dei «pezzi forti». Così ogni anno la conta dei caduti è pesante. L’Associazione sostenitori e amici della polizia stradale (Asaps) ha avviato un Osservatorio specifico. Ecco i primi dati: nel gennaio del 2020 sono morti in Italia 46 pedoni: 26 uomini e 20 donne, di cui 19 ultrasessantacinquenni, il più anziano dei quali, un 89enne, a Roma. La Regione in cui si sono verificati più morti – dice l’Asaps – è il Lazio, con 10 vittime; e la città più funesta risulta la capitale, con 4 croci: una a settimana. Le statistiche, non ancora definitive del 2019, parlano, sempre a Roma, di almeno 40 pedoni deceduti.
Trova le differenze
Qualcuno osserverà che Oslo (673mila abitanti su 454 km² di superficie) e Helsinki (643mila abitanti su 213,8 km²) sono poco paragonabili a una metropoli come la capitale d’Italia che, oltre a contare circa 3 milioni di cittadini, vanta un’estensione territoriale di 1285 km², superiore a quelle di Parigi, Berlino, Madrid, e anche di New York, solo per fare una manciata di esempi. Bisognerebbe, però, domandarsi: i casi virtuosi del Nord Europa derivano più dal numero delle persone e dalle dimensioni ridotte degli agglomerati urbani, o dagli investimenti in sicurezza stradale, dal perseguimento di obiettivi pluriennali, e dall’osservanza delle regole da parte dei cittadini, a prescindere o meno dai controlli?
Il semaforo, la tua croce
«Il semaforo è il mezzo per far arrivare i pedoni senza pericolo al centro della strada», scriveva Antonio Amurri, scrittore e umorista. E aveva ragione. È singolare, infatti, che una materia riguardante la vita delle persone, non sia regolata da norme chiare. Non è giustificabile far scattare il verde per i pedoni e, dopo un-secondo-uno, l’arancione. Come a dire: «Sbrigati che devono passare le macchine». Già, ma quando s’accenderà il rosso? Chi attraversa ha il diritto di conoscere il tempo a disposizione e pure di camminare sulle strisce in tranquillità. Trattasi di semplice buon senso. Tutti i semafori dovrebbero essere obbligatoriamente dotati di un timer luminoso ben visibile, sia agli utenti scattisti sia agli anziani claudicanti.
La sicurezza stradale s’impara da bambini
È uno slogan che inizia a circolare, per fortuna. In questo senso, l’auspicio è che si giunga al più presto all’attuazione concreta delle buone intenzioni. La sicurezza stradale, nell’ambito dell’educazione civica, dovrebbe diventare materia scolastica: è una campagna portata avanti da OCL. Gli incidenti, lo ricordiamo, sono la prima causa di morte – in Italia e nel mondo – dei giovani. Più dei conflitti bellici. Inoltre, andrebbe consigliata e incentivata, dai neopatentati in su, la frequentazione di “corsi di guida sicura”. Motivo? Costituiscono un utile e formativo bagno di umiltà per tanti guidatori che si reputano potenziali piloti di Formula 1. Scopriranno, infatti, di non saper «inchiodare» con l’Abs o controllare un sovrasterzo. E magari impareranno a considerare con maggiore rispetto i «pezzi deboli» della scacchiera stradale.
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