
Lo sviluppo tecnologico mette a rischio la relazione umana
Lo sviluppo delle nuove tecnologie, unitamente alla velocità con cui il mondo si sta trasformando, ci porta spesso a dimenticare che il protagonista di tutti questi cambiamenti è solo ed unicamente l’essere umano. Ma come si sentono gli individui in una società sempre più tecnologica e robotizzata, dove le relazioni e le conversazioni tra esseri umani diventano ogni giorno più rare? Osserviamo coppie che invece di parlarsi e guardarsi negli occhi sono immerse nella loro realtà virtuale, con lo sguardo fisso su uno schermo. Ma anche persone che con l’utilizzo continuo del modo imperativo quando parlano con i robot domestici si allontanano dalla relazione umana: useremo solo l’imperativo tra qualche anno? E che fine farà la gentilezza? Forse questo ci fa capire che ritrovare e comprendere l’essere umano, l’altro, rappresenta una vera emergenza.
Insegnare l’empatia
Il governo danese ha deciso di partire dalle emozioni e dalle scuole primarie. I maestri fanno vedere ai bambini in classe i volti di altri bambini e persone che mostrano diversi stati emozionali: espressioni di felicità piuttosto che di tristezza, paura oppure ancora ansia, frustrazione o semplicemente pentimento dopo aver commesso un errore. Qual è lo scopo di questo tipo di esercizio scolastico? Insegnare ai bambini, fin dalla tenera età (l’esperimento si svolge con piccoli dai 3 agli 8 anni) a riconoscere gli stati d’animo delle persone che li circondano, a capire gli esseri umani e come si sentono nelle diverse situazioni quotidiane. Si tratta di uno degli insegnamenti più importanti nella vita di un individuo: è il momento in cui il bambino comprende di non essere solo a provare emozioni, in cui si sviluppa in lui un sentimento di condivisione, comprensione e apprezzamento per il suo simile. Ma insegnare l’empatia è anche una lezione che fa capire che tutti gli esseri umani sono parte di una comunità, quella stessa in cui gli studenti dovranno vivere e lavorare per il resto della loro vita.
L’empatia genera rispetto e felicità
Il programma danese è anche stato concepito come antidoto al bullismo, nato per incoraggiare la comprensione e la cura dell’altro permette di evitare i tipici fenomeni di bullismo scolastico. Studiare empatia in Danimarca è anche rivoluzionario da un punto di vista sociale: questa tipologia di progetto permette di mischiare studenti accademicamente più forti con quelli meno preparati da un punto di vista scolastico, ma che hanno sicuramente altre doti e punti di forza. In questo modo i docenti aiutano a ridurre i fenomeni di classismo e le differenze sociali, favorendo l’inclusione e insegnando ai propri figli ad aiutarsi gli uni con gli altri. Infine, l’empatia a scuola genera benessere e soddisfazione negli studenti. I bambini si sentono parte di un gruppo, non avvertono la solitudine, prendono coscienza del fatto che esistono le emozioni, e che tutti le provano, a prescindere dalla famiglia e dal reddito. Questa piena consapevolezza di come ci si può sentire nella vita, e di come gli altri possono aiutarci, rappresenta forse la prima ragione per cui la popolazione danese continua ad essere considerata la più felice al mondo.
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