
Fondazione ForModa, il sarto è l’ambasciatore del made in Italy
Il sarto è una professione quasi scomparsa nella società produttiva italiana nonostante consenta di realizzare un prodotto eccellente, facendo appello alla creatività e al lavoro manuale per conferire personalità alla confezione. Questi accorgimenti sembrano superati dalla globalizzazione e dalla industrializzazione della produzione le quali impoveriscono il lavoro artigianale. A Penne, in provincia di Pescara, la Scuola di Alta Sartoria, attualmente gestita dalla Fondazione ForModa, unica realtà al mondo che dal 1985 trasmette le tecniche sartoriali ai giovani talenti, realizza un percorso di formazione triennale, a seguito di oltre 30 anni di attività formativa. È una chiara risposta alla scarsa presenza di artigiani dell’abito, prezioso bagaglio culturale d’Italia che ha sempre vantato una grande scuola di alta sartoria. Siamo nel clima di una vera bottega artigiana. I ragazzi acquisiscono l’amore e la sensibilità al bello, senza dimenticare la migliore capacità tecnico-sartoriale che permetterà di impiegare il proprio talento nella realizzazione di abiti su misura. Il Prof. Lucio Marcotullio, Cavaliere del lavoro e Presidente della Fondazione ForModa, delinea le tendenze del mercato artigianale evidenziando il valore aggiunto del mestiere del sarto.
Quale formazione specifica occorre per il mestiere del sarto nel XXI secolo?
«Da qui al 2023 mancheranno 236.000 professionisti al settore del lusso, specialmente nell’area manifatturiera, come si legge in una recente ricerca di Alta Gamma, la Fondazione che riunisce le migliori imprese dell’Alta industria culturale e creativa italiana. Ci sarà una grande richiesta di tecnici specializzati in calzature, pelletteria, sartoria, tessuto e maglieria. Il saper fare a livello artigianale rappresenta un asset fondamentale per le aziende di alta gamma. Investire nella formazione diventa vitale per le aziende del settore, al fine di garantire il passaggio generazionale e l’alta qualità del made in Italy. Dal 1985, la Scuola di Alta Sartoria trasforma giovani talenti con forbici e gessetto in mano in autentici maestri d’arte. Ambasciatori di un mestiere dall’illustre storia composta di uomini, donne, mani, devozione. Un lavoro che è riuscito a conquistare nel tempo la giusta importanza, quel riconosciuto prestigio e che, nonostante la lunga tradizione, affascina per il suo essere profondamente attuale».
Come sono garantite le opportunità di lavoro dopo il vostro periodo di formazione?
«Il percorso triennale è un’offerta formativa di eccellenza sul panorama regionale. Nel tempo, ha consentito all’Organismo di formazione di attivare sul territorio, ma anche sul panorama settoriale nazionale di riferimento, una consolidata rete di relazioni sia con il sistema scolastico e della formazione professionale, sia con il tessuto imprenditoriale, garantendo ai ragazzi più meritevoli ottime opportunità di placement. È proficuo il ricorso al piano europeo per favorire l’occupazione giovanile, garanzia giovani, apprendistato e tirocinio».
La sartoria italiana, a livello internazionale, può vantare un primato assoluto?
«La sartoria italiana è conosciuta nel mondo per essere di altissima qualità e poco ingessata grazie alla mano dei nostri tessuti e alla morbidezza nella costruzione dei capi. L’Italia è la patria della sartoria. Un’arte che ha origini lontane. L’Accademia dei Sartori venne fondata nel 1575 per volontà di Papa Gregorio XIII con la denominazione di Università dei Sartori; aveva sede in via della Consolazione a Roma, nei pressi della Chiesa di S. Omobono, il patrono dei sarti. Negli anni della Dolce Vita, atelier e sartorie romane vissero un periodo d’oro. Questo grazie all’endorsement dei divi di Hollywood che divennero i testimonial a livello mondiale del bello e ben fatto italiano. Ancora oggi la sartoria italiana vanta un appeal di qualità ed eccellenza sul piano internazionale grazie alla pregevolezza della nostra manifattura».
Perché il mondo della formazione non vuole conoscere le esigenze delle imprese?
«Negli ultimi anni le grandi aziende e i gruppi del lusso hanno investito in corsi altamente specializzati o addirittura hanno creato scuole aziendali con l’obiettivo di garantire il passaggio generazionale. Le aziende dialogano sempre di più con gli organismi di formazione. Questi ultimi hanno l’interesse a modulare un’offerta formativa concreta e rispondente alle necessità del mercato».
Che ruolo svolge la creatività in questo mestiere?
«Il sarto non è un creativo e nemmeno un designer, è un tecnico che realizza capi impeccabili. Questo è il pensiero più diffuso, il sentire comune. Sarebbe un errore sminuire il ruolo della creatività nella sartoria. Vedere l’abito giusto sul cliente, la vestibilità corretta per le diverse corporature, suggerire lo stile più adatto all’occasione d’uso del capo è creatività messa in campo dal sarto. Tutto ciò è accompagnato dalla realizzazione perfetta dei singoli elementi dell’abbigliamento».
Qual è l’approccio dei ragazzi nei confronti di questo mestiere particolare?
«Negli ultimi vent’anni la figura del sarto ha subito delle trasformazioni per adeguarsi alle richieste del mercato. Attualmente, al termine del percorso triennale, i nostri ragazzi sono in grado di proporsi come ambasciatori della bellezza; capaci di far percepire ciò che si cela e si rivela dietro il prodotto e di valorizzarlo. Formiamo sarti itineranti che viaggiano da un continente all’altro per regalare il sogno dell’abito su misura italiano ai clienti più esigenti del mondo intero. Il mestiere del sarto ha un appeal nuovo agli occhi dei ragazzi. È visto alla stregua di un artigiano cosmopolita con twist manageriale».
Photo credits: Fondazione ForModa