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Tornerà la crisi?

di Antonella Salvatore

Il P.I.L. continua a scendere, questa la notizia degli ultimi giorni che preoccupa tutti.
Lo hanno detto il FMI e Bankitalia, ed ora lo dice anche l’ISTAT, la nostra crescita nel 2019 sarà pari allo 0.6%. Tornerà la crisi? È vero che la contrazione riguarda l’intera zona euro, una contrazione dello 0,3%. Vero che anche la Cina non cresce più come prima e questo ha ripercussioni su tutti i paesi che servono il mercato cinese. Ma se per gli altri c’è una contrazione, per noi, che siamo sempre stati tra gli ultimi in Europa, questa contrazione può portare alla recessione? In altre parole, un brutto voto allo studente che già va male in classe porterà alla bocciatura?

Come mai il P.I.L. cresce poco

Il Prodotto Interno Lordo si ottiene dalla somma di questi elementi: domanda, investimenti, spesa pubblica ed esportazioni nette. Per capire come mai il nostro P.I.L. cresce poco, facciamo alcune considerazioni. Innanzitutto, la domanda di beni e servizi è scarsa: le persone comprano se hanno reddito ed il reddito deriva dal lavoro. Il nostro paese ha un basso tasso di occupazione, i nostri lavoratori sono pagati poco e la nostra manodopera è facilmente replicabile. Abbiamo scarsi investimenti: le imprese investono se vedono stabilità e certezza e se la tassazione permette loro di investire. Gli investimenti si fanno quando c’è fiducia nel paese. Infine la spesa pubblica che deve essere controllata e gestita, ad esempio la spesa per la sanità, l’istruzione, ma ultimamente abbiamo aggiunto due spese importanti: reddito di cittadinanza e quota 100.

Chi produce il P.I.L.

Mentre una parte di paese attende il reddito di cittadinanza, mentre un’altra parte di paese attende di andare in pensione, chi sono quelli che possono produrre il P.I.L.?

Le imprese ed i lavoratori, primi fra tutti i giovani. Ma entrambe le parti hanno bisogno di competenze innovative. Le origini della nostra lentissima crescita sono da ricercarsi in primis nella mancanza di queste competenze, nella incapacità del paese di far fronte ai cambiamenti che il futuro sta imponendo ad una velocità mai vista prima. A seguire, la visione a breve, l’atteggiamento fatalistico, e sempre più assistenzialista completano il quadro della scarsa crescita.

Quello che fatichiamo a capire è che in questa epoca gran parte del lavoro si deve creare, non si può solo sperare di ereditarlo.

Tornerà la crisi?

Chi crea lavoro sa andare avanti, chi non sa crearlo è destinato a fermarsi.

In Italia si crea poco lavoro nuovo e fatichiamo e ripensare il lavoro esistente.

Per creare nuovo lavoro occorre investire in scuola ed università, quindi in sviluppo di competenze. Abbiamo la necessità di affiancare agli imprenditori esistenti i giovani, per aiutarli a fare impresa in modo innovativo.

Investimenti in formazione ed innovazione

Servono investimenti in formazione, innovazione, tecnologie.

È dimostrato che nei paesi ad alta tecnologia vi è anche maggiore occupazione (quindi non è necessariamente vero che la tecnologia toglie posti di lavoro, piuttosto può crearne di nuovi).

Nel contempo, il vecchio lavoro va ripensato perché se non lo ripensiamo quel lavoro sarà destinato a scomparire, con conseguenze ancora più gravi per il paese. Abbiamo tantissimi lavoratori over 45 ancora lontani dalla pensione che devono affrontare il cambiamento che sta arrivando: serve formazione continua per poter essere competitivi. Tornerà la crisi? Molto probabile, se non ci decidiamo ad investire nello sviluppo delle competenze, nella scuola e nell’innovazione. Il solo assistenzialismo ci riporterà indietro, prima culturalmente, poi economicamente.

OCL

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