
Antonella Salvatore
La scuola italiana non vive un buon momento, non possiamo far finta di non saperlo. Non possiamo far finta perché quando si parla di scuola si parla di giovani, e quindi di futuro.
Il nostro sistema scolastico ha bisogno di cambiamenti urgenti se vogliamo aiutare i nostri giovani ad affrontare il futuro.
Cominciamo col dire che i tagli della nuova manovra di governo non aiutano; siamo tra quelli che spendono meno per scuola e cultura, con la nuova riforma spenderemo solo il 3,5% del PIL contro la media europea del 5% (spendiamo addirittura la metà rispetto ai paesi scandinavi, che investono il 7% del PIL).
La Buona Scuola del governo Renzi non ha eliminato il precariato, ma non sembrano esserci novità neppure da parte di quello che vuole essere il governo del cambiamento.
Intanto, l’Italia deve investire risorse nella scuola ed ha bisogno di sbloccare le assunzioni di nuovi professori, che devono portare nelle scuole italiane innovazione, tecnologia, lingue straniere e futuro.
Se la scorsa settimana abbiamo parlato di dottori over 55, nella scuola non va meglio: la gran parte dei professori supera i 54 anni (di questi l’80% è dato da donne).
Professori sotto i 34 anni sono lo 0,03% dei docenti impiegati.
Non stiamo dicendo di mandare a casa i professori che ci sono, ma di affiancare loro i giovani. Quale scuola meravigliosa potremmo avere se unissimo l’esperienza dei docenti esistenti con le competenze innovative dei più giovani?
Parte della Buona Scuola è poi data dal programma della Scuola Digitale, programma che vuole accompagnare i docenti, ancora prima che gli studenti, ad entrare nell’era digitale. Il rapporto DESI (Digital Economy and Society Index) ci ricorda che il nostro paese resta tra gli ultimi in Europa per le competenze digitali, e la Scuola Digitale rappresenta un ottimo modo per aiutare l’Italia a recuperare il gap con gli altri paesi.
Occorre investire risorse nella innovazione della scuola e negli strumenti: i libri sono sacri, ma non possono più essere l’unico strumento per favorire l’apprendimento, è importante che il mondo dell’istruzione impari ad avvicinarsi ai giovani, magari attraverso il digitale e la tecnologia in generale.
Smartphone, tablet, nuovi tipi di tecnologia per facilitare l’apprendimento sono solo alcuni esempi: quanto studierebbero meglio, e di più, gli studenti italiani se la scuola parlasse il loro linguaggio?
Ma ancora, l’Italia ha bisogno di una scuola in cui si torni a studiare l’educazione civica, di cui si parla da anni: ma quanti anni occorrono ancora per capire i disastri che l’assenza di questa disciplina ha portato nel paese? Lo aveva chiesto il ministro Fedeli, lo ha chiesto La Lega recentemente, ma se lo chiedono tutti, come mai la materia non è stata ancora reintrodotta?
I continui fatti di bullismo a scuola, la violenza da parte di giovanissimi nei confronti di coetanei, le minacce e le botte ai professori, ma in generale, il degrado culturale di una Italia sempre più aggressiva e maleducata, la frequente assenza di tolleranza e compassione (paradosso per un paese che si dichiara cristiano-cattolico) dimostrano quanto sia importante insegnare i diritti ed i doveri dell’essere cittadini.
Al contrario, la gran parte dei paesi europei (ad esempio la vicina Francia) impone lo studio dell’educazione civica anche fino ai 18 anni, perché in questo modo i giovani imparano il senso di comunità, i doveri, prima ancora che i diritti, imparano ad essere cittadini consapevoli ed impegnati.
E veniamo poi al contatto con il mondo professionale e lavorativo.
Lo abbiamo gia detto: l’ Alternanza Scuola Lavoro (ASL) è un progetto estremamente interessante, ma le scuole vanno aiutate con risorse e strumenti per poter permettere agli adolescenti di sperimentare davvero il senso del lavoro. In tantissime aree l’ASL non può essere applicata, manca il rapporto con il mondo aziendale, non vi sono opportunità concrete di stage per gli studenti. La riforma del nuovo governo porterà una riduzione delle ore di ASL, e questo ridurrà i finanziamenti ai licei e alle scuole superiori
Diventerà quindi ancora più difficile recuperare il gap con il mondo: i ragazzi italiani saranno ancora più distanti dal mondo del lavoro e diventeranno grandi ancora più tardi?
La scuola che vorremmo è la scuola innovativa, la scuola in cui professori meno giovani e più giovani costruiscono insieme il futuro del paese.
La scuola che vorremmo è quella che dà valore all’insegnamento e all’apprendimento, che rimette al giusto posto i professori e che la smette con il valore del pezzo di carta.
La scuola che vorremmo è quella in cui l’educazione civica NON è la passeggiata da fare per il corridoio, ma un pilastro fondamentale della nostra società.
La scuola che vorremmo è l’unico rimedio contro l’ignoranza e quindi contro il declino del nostro paese.