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Il reddito di cittadinanza aiuterà l'Italia?

Antonella Salvatore

Il dibattito attuale è sul reddito di cittadinanza, favorevoli e contrari si scontrano in tv e sul web. Osservatorio Cultura Lavoro non è un blog politico ma a volte, e questo è il caso, alcune decisioni della politica riguardano pienamente la prospettiva e la missione di questo blog. In particolare, che impatto potrebbe avere, sulla crescita e sui giovani, il reddito di cittadinanza?

L’ISTAT fissa la soglia di povertà a 780 euro e la proposta prevede di dare 780 euro a tutti coloro che oggi non arrivano a percepire questa somma. Il reddito di cittadinanza è un reddito di base, bisogna essere maggiorenni e disoccupati per poterne fare richiesta.

Ma facciamo alcune riflessioni su questa proposta e poniamoci alcune domande.

Che ruolo avranno i centri per l’impiego? Per prendere 780 euro occorre (giustamente) essere iscritti ad un centro per l’impiego ed essere senza occupazione. La proposta sostiene che, se un disoccupato con reddito di cittadinanza riceve tre proposte di lavoro dal centro per l’impiego e le rifiuta tutte, il reddito gli sarà tolto.

Oggi, i centri per l’impiego sono sotto-strutturati e le statistiche dicono che i centri sono in grado di soddisfare solo la domanda del 3% dei disoccupati. Prima di pensare al reddito di cittadinanza da distribuire, non dovremmo pensare a come strutturare i centri per l’impiego?

Se i centri per l’impiego non saranno in grado di fare almeno tre proposte di lavoro ad ogni disoccupato, il reddito di cittadinanza diventerà un vitalizio.

Si dice anche che saranno investiti soldi sui centri per l’impiego ma in che modo? Aumenterà il numero dei centri? Saranno assunte altre persone? Perché il problema non è solo questo, ma è soprattutto la relazione con il tessuto economico-produttivo dell’area, i rapporti che i centri devono saper costruire con le aziende.

 Se fossi un giovane disoccupato, a cui non arrivano proposte di lavoro dal centro dell’impiego a cui sono iscritto, cosa farei? Mi muoverei da casa, traslocherei altrove per trovare lavoro e vivere in affitto con altri, dividendo magari una casa, oppure resterei a casa con mamma e papà a percepire i 780 euro? Anche perché, forse non l’ho chiarito, i 780 euro sono erogati alla persona non alla famiglia: se madre, padre e figlio sono senza lavoro e quindi senza stipendio, questa proposta darà loro in reddito di 2.340 euro (780 euro x 3).

Se comprendiamo bene la proposta, il trattamento dei figli non sarà lo stesso per tutte le famiglie.

Se un nucleo famigliare risulta composto da due genitori e due figli maggiorenni, tutti disoccupati, il reddito di cittadinanza della famiglia sarà pari a 3.120 euro. Ma se i due figli sono minorenni, la famiglia riceverà la metà del reddito, ossia 1.560 euro (percepiranno il reddito solo i genitori). Eppure, mentre i figli maggiorenni possono darsi da fare per lavorare, i figli piccoli non possono lavorare, quindi possiamo pensare che la proposta penalizza i genitori con figli piccoli e non incoraggia i giovani a lavorare?

Altro aspetto che riguarda i giovani: non è un controsenso toccare il fondo Garanzia Giovani? Leggendo le ultime notizie, come quella de IlSole24ore, si dice che per finanziare il reddito di cittadinanza saranno usati i fondi di Garanzia Giovani. Garanzia Giovani è stata istituita nel 2014, si tratta del Fondo Sociale Europeo (FSE) istituito per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Se il reddito di cittadinanza ha l’obiettivo di favorire la crescita con l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, perché togliere il 20% dei fondi di Garanzia Giovani? Perché togliere fondi proprio dall’area che aiuta i giovani ad entrare nel mondo del lavoro? Tra l’altro, secondi i dati ANPAL di maggio 2018, 1,3 milioni di giovani hanno aderito al programma Garanzia Giovani, che ha avuto un buon successo, ha aiutato nella riduzione della disoccupazione giovanile e dei NEET.

In che modo il reddito di cittadinanza consente di gestire la piaga della disonestà? Abbiamo una piaga importante, un alto tasso di disonestà e truffe. Gente che dice di essere disoccupata mentre lavora in nero senza pagare le tasse, gente che percepisce pensioni di invalidità senza essere invalida. In che modo queste schiere di “furbetti” saranno tenute a bada?

Ad oggi, non vi è un metodo per evitare che il reddito di cittadinanza finanzi i delinquenti invece che i bisognosi: non dovremmo pensare a questo metodo prima di iniziare l’erogazione del reddito?

Come mai il reddito non tiene conto delle differenze regionali? Le nostre regioni presentano differenze sostanziali da un punto di vista di costo della vita. Sarebbe quindi opportuno fare distinzioni per area geografica, perché 780 euro non può essere la soglia di povertà in Lombardia o in Trentino e, al tempo stesso, la soglia di povertà nel Molise, in Basilicata o Calabria. Il costo della vita al sud è pari ad un terzo o anche un quarto del costo della vita al Nord.

Torniamo all’esempio di prima di una famiglia di tre disoccupati che percepisce 2.340 euro, o anche solo ad una coppia che percepisce 1.560 euro. Queste due cifre sono, rispettivamente, un ottimo ed un buon reddito in Basilicata, in Molise, in Calabria, in Abruzzo, ed in altre regioni del centro sud, dove per una casa in affitto si possono spendere anche solo 300-500 euro al mese. Ma le stesse cifre, in particolare quella di 1.560 euro al mese, non è affatto un buon reddito per una coppia che vive in una grande città come Milano o Roma, dove una casa in affitto può costare anche 1.000 euro al mese.

Chi controlla che i disoccupati cerchino lavoro? Le ultime notizie dicono che chi percepisce reddito di cittadinanza deve dimostrare di ricercare lavoro almeno 2 ore al giorno. Come fa lo Stato a controllare i propri cittadini e a sapere quanto tempo dedicano quotidianamente alla ricerca del lavoro? Quale organo di controllo farà questo? Con le generazioni più giovani, quale spinta motivazionale potranno dare le famiglie per incoraggiare un ragazzo a lavorare?

I disoccupati dovranno fare formazione? La proposta prevede che il disoccupato faccia formazione ed un numero di ore di progetti per la comunità. Tuttavia, chi decide la formazione? E dove si farà la formazione? Chi terrà conto del numero di ore?

Quale sarà l’impatto sui giovani professionisti ed imprenditori? Se un professionista ha una partita iva, ed il suo reddito è all’incirca di 1.000 euro al mese, quale sarà la soluzione più conveniente per lui? Continuare a lavorare pagando le tasse? O, piuttosto, chiudere la partita iva, lavorare in nero ed incassare il reddito di cittadinanza?

 Siamo certi che tutto questa farà bene a noi e, soprattutto, alle nuove generazioni?

OCL

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