
Antonella Salvatore
Mentre l’intero paese si preoccupa degli sbarchi, dell’uomo nero che ci ruberà il lavoro, c’è qualcosa di grave di cui preoccuparsi realmente: il rallentamento della crescita nel nostro paese.
Lo aveva detto l’ISTAT, lo ha detto l’OCSE.
Le stime iniziali di un PIL all’1,8% nel 2018, sono poi diventate 1,5% ed ora sono state riviste ulteriormente al ribasso, 1,4% nel 2018 e 1,1% nel 2019.
Dobbiamo domandarci se il rallentamento della nostra crescita sia dovuto alla scarsa produttività di cui l’OCSE parla in “Compendio degli indicatori di produttività”: tra il 2010 ed il 2016 la nostra produttività (PIL per ora lavorata) è aumentata dello 0,14% medio annuo, quella della Germania dell’1,04%, quella dell’Irlanda di oltre il 6%. Meno produttivi di noi solo i greci.
Ma cosa significa produttività?
Produttività significa lavorare bene, in modo più efficace, senza disperdere risorse ed energie, utilizzando strumenti innovativi e sviluppando competenze. Non è solo il numero di ore lavorate nel paese ma è anche, e soprattutto, come si lavora nel paese: non si parla di quantità ma di qualità.
Bassa produttività perché non abbiamo strumenti ed infrastrutture innovativi, perché investiamo troppo poco in formazione e nello sviluppo di competenze innovative. La burocrazia e la riluttanza culturale al cambiamento sembrano essere più forti dell’ innovazione e della digital transformation.
La nostra scarsa produttività comporta mancanza di profili tecnici specializzati di cui avremmo bisogno e che non si trovano.
Mancano i talenti ed i profili esperti in ambito “innovazione e digitale”, mancano ingegneri e periti.
Sembrano mancare circa 280.000 tecnici e persone con skills innovative e tecniche, la richiesta di competenze digitali risulta essere predominante.
Quando sentiamo dire che il lavoro c’è ma non ci sono i profili è esattamente questo: alcune aziende non riescono a crescere pur avendone l’occasione, non sanno come crescere perché non hanno i profili giusti per crescere.
Il timore di non crescere dovrebbe realmente spaventarci perché
il rallentamento di una crescita significa rallentamento delle esportazioni, riduzione della produzione, vantaggio per i concorrenti e i paesi più competitivi, incremento della disoccupazione e rallentamento dei consumi.
E’ così che si ferma un paese.
Cosa ci renderebbe produttivi? Cosa dobbiamo imparare dagli altri?
Competenze, formazione ed istruzione: i profili che mancano nel paese vanno formati, dobbiamo costruire competenze tecniche importanti per recuperare il gap. Sono ancora pochi i percorsi di laurea in Italia ad indirizzo innovazione e digitalizzazione, sono pochi i laureati in discipline tecniche e le 15 nuove lauree professionalizzanti (decreto del Ministro Fedeli, lauree che prevedono due anni di studio ed uno di esperienza pratica) partiranno solo questo autunno. Parlando di stranieri nel nostro paese, l’Ottavo Rapporto (2018) annuale sugli stranieri nel mercato del lavoro in Italia mostra che oltre il 47% degli stranieri non UE ha una laurea STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), ma viene impiegato in lavori che chiedono low skills, a bassa produttività, e le lauree tecniche non sono utilizzate.
Siamo il paese con il più alto numero di studenti iscritti alle facoltà ad indirizzo umanistico/classico/artistico, ma la sfida è proprio l’applicazione dell’innovazione anche a questi ambiti. Come già detto, non ha senso creare storici dell’arte, dobbiamo creare persone che sappiano comunicare e gestire la nostra arte ed il nostro patrimonio (per approfondire si legga l’intervista a Giulia Silvia Ghia).
Infrastrutture e proprietà intellettuale: siamo produttivi se investiamo in infrastrutture, se velocizziamo i nostri processi produttivi ed adottiamo strumenti innovativi. Siamo produttivi se investiamo di più nella proprietà intellettuale, siamo al posto n.50 di 127, preceduti dal Botswana, secondo l’International Property Rights Index.
Disparità sociale: il paese vive profonde disuguaglianze e coesistono due Italie, una di queste con un altissimo tasso di disoccupazione sia femminile che giovanile. Siamo produttivi se riduciamo le disuguaglianze.
Tasse e lavoro nero: ovvio, ma merita ricordarlo, siamo produttivi con una tassazione inferiore, … e se tutti pagano le tasse.
Gli occupati in Italia sono il 58,5% della popolazione, mentre la media europea è superiore al 71%: con questo semplice confronto possiamo capire l’inefficacia del nostro modo di lavorare e quanto poco produciamo rispetto agli altri.