
Antonella Salvatore
Regna molta confusione sui numeri del lavoro in Italia e comunque, i numeri sono una cosa, la vita reale un’altra.
Da sempre, in tutti i paesi, da una parte i governi danno numeri e parlano di crisi economiche terminate, dall’altra le persone hanno una percezione ed un’opinione solitamente diverse.
Intanto, visto che si parla sempre di disoccupazione fatemi ricordare come si calcola la disoccupazione, Il tasso di disoccupazione si calcola dividendo il numero di coloro che cercano lavoro per la forza lavoro cioè tasso di disoccupazione = persone che cercano lavoro/forza lavoro Quindi gli inattivi ( o N.E.E.T.), quelli che non cercano lavoro, che sono scoraggiati, che non vogliono lavorare, non rientrano nel numero dei disoccupati.
In altre parole, il vero numero dei disoccupati in Italia è più alto di quello di cui leggiamo, proprio perché in quello di cui si parla non sono inclusi gli inattivi.
Alcuni giorni fa l’Istat ha detto che la disoccupazione giovanile è tornata ai livelli pre-crisi, ossia 31,7%. Premesso che questo dato è altissimo (oggi in Germania lo stesso dato non raggiunge neppure il 7% e mediamente in Europa la disoccupazione giovanile si attesta tra il 15%-18%) possiamo quindi anche affermare che quella che non è più crisi per le istituzioni ed i governi (vecchi e nuovi) è crisi per la gran parte della popolazione che vive in questo paese.
Come possiamo dire che non siamo in crisi se quasi il 32% dei giovani non lavora?
Ma il dato importante di cui si parla poco è il tasso di occupazione che si ottiene dividendo il numero degli occupati per l’intera popolazione.
Ultimi dati ISTAT, l’attuale numero degli occupati è del 58,4%, più alto rispetto ai livelli pre-crisi, ma lontano dai numeri europei; la media degli occupati in Europa è pari al 72%, la Spagna mostra il 65% di occupati e la Francia il 71%.
Il nostro problema non è dato solo dai disoccupati (ricordiamolo, che non includono gli inattivi), ma è rappresentato anche e soprattutto dal basso numero di occupati. L’ulteriore problema poi è dato dalle occupate, neppure il 49% delle donne lavora, contro la media europea del 65%. Inoltre, recentemente il tasso di occupazione è cresciuto, ma è scesa l’occupazione femminile.
Se poniamo l’attenzione sulla occupazione, piuttosto che sulla disoccupazione, ci rendiamo conto che il problema è la mancanza di competitività delle aziende e la nostra scarsa produttività. Il problema è la scarsa innovazione, la mancanza di formazione e di competenze, che impedisce alle aziende italiane di concorrere con il mondo, e quindi di assumere. Si è vero, alcune aziende italiane sono eccellenti, alcune sono estremamente innovative, ma complessivamente, non siamo competitivi come gli altri, ed è per questo che non cresciamo o cresciamo poco rispetto agli altri, e per questo non crescono gli occupati in maniera sostanziale.
Ma eccomi allora ritornata ad un argomento di cui parlo spesso, che è quello della formazione. Dobbiamo sviluppare competenze, dobbiamo portare innovazione nei percorsi formativi, investire ed innovare, per recuperare competitività e per far nascere posti di lavoro.
La nostra crescita si aggira intorno all’1,5%, contro la media europea del 2,5%, crescita che tuttavia sembra rallentare.
Non vi voglio tediare con i numeri, ma un popolo che non sa è un popolo che ignora, (in questo senso ignorante), e poiché l’ignoranza ci tiene poveri e ci impedisce di crescere, dobbiamo anche imparare a leggere i numeri del mercato del lavoro per capire il problema del lavoro nel nostro paese.
Abbiamo quindi una piccola crescita economica, ma gli altri dati non sono positivi.
La notizia grave è che siamo ancora in crisi.
La notizia ancora più grave è che diciamo di essere usciti dalla crisi.