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Vasi comunicanti

Paolo Prisco

Dicevamo che essere italiani, quando si lavora all’estero, viene spesso percepito quasi come un imbarazzo o una forma innata di inferiorità. Nelle mie riflessioni ho tentato di confutare questo tipo di pensiero, anche perché sembra appartenere solo a noi italiani e non agli altri popoli. Perché ne abbiamo parlato? Certo non per rinfrancare la nostra morale. Abbiamo tante colpe, ma di natura diversa. Mettere l’accento su questo tema è una premessa fondamentale per avviare un cambiamento nel nostro approccio culturale verso il lavoro. Nel mondo del lavoro in Italia molte responsabilità sono riconducibili alle imprese ed alla politica, non vi è dubbio. Su questo i singoli hanno scarsa influenza.

Ma se voltiamo lo sguardo su ciò che possiamo influenzare di persona, va detto che prender coscienza delle nostre capacità può aiutarci ad elaborare e correggere, litigando di meno, certe situazioni che non funzionano da parte di chi cerca lavoro. Interagendo col mondo professionale una maggiore autostima, infatti, ci eviterebbe di cadere nella tentazione tipicamente italiana di ricorrere alle “scorciatoie” per risolvere un problema.

Usiamo la via maestra ed accettiamone regole e sacrifici. Si rivelerà col tempo un investimento ottimo e duraturo per la nostra società e per la nostra crescita.

Per chi si affaccia al mondo del lavoro ciò è estremamente rilevante. Bisogna credere di più in noi stessi soprattutto per continuare ad impegnarsi nella crescita (mi riferisco anche alla resilienza accennata da Alberto Mattia la scorsa settimana) e per avviare progetti ed iniziative che altrimenti, di fronte alla palude burocratica del nostro paese, ci sembrerebbero impossibili. Per far questo però bisogna aprirsi anche al mondo accrescendo le nostre esperienze. Questo significa flessibilità, mobilità e volontà di investire a lungo termine nella propria preparazione. Quanti di noi sono veramente disponibili a tutto ciò? Durante gli anni di studio ci sembra di vivere in un mondo che non si confronta con la realtà. Si loda genericamente l’ottenimento del “pezzo di carta” senza poi guardare alle possibilità di impiego. Questo non ci aiuta spesso a capire di quali “skills” c’e’ bisogno nella società globale.

In parte il problema risiede in una attitudine socio-culturale della nostra società. Vi cito un esempio: visitando librerie, una cosa che spesso mi fa pensare è osservare cosa viene esposto in vetrina nei diversi paesi. In America, Inghilterra o Germania ci sono chiaramente i “best sellers”, suddivisi in diverse categorie. Tra questi sono presenti romanzi, ma sempre con più visibilità, si trovano libri di economia, saggi tecnici e libri a sfondo storico e politico: tutti si basano sui nuovi trends e sulle necessità della attuale società internazionale. Per dirla in modo conciso: si parla del Pianeta Terra.

Girando per alcune grandi città italiane ciò che si nota in vetrina, invece, è spesso l’esaltazione di edizioni (più o meno pregiate) dedicate a poesia, letteratura, diritto ed arte. Tutte caratteristiche fondamentali della nostra cultura e storia: ed è bene che ricevano un giusto posto in prima linea.

Il nostro occhio però difficilmente viene attratto da libri che ci aiutano a capire cosa succede nel mondo.

Al massimo troviamo qualche contributo di note personalità del giornalismo o della politica ma su temi tutti Italiani. Tutto finisce lì. Perché questo? Perché a noi spesso manca la capacità di guardare fuori. Abbiamo talvolta anche l’ arroganza di pensare che ciò che succede all’estero non è rilevante per i nostri affari. Siamo introversi. Poi però scopriamo attraverso la TV che Cina, India o Est Europeo sono alle porte, e per giunta ci “rubano il lavoro”. La discussione poi si infiamma anche grazie al fatto che per molti l’accettazione sociale si concentra sull’ottenimento del ‘posto fisso’ e sulla sua protezione. In questo modo non vi è spazio per l’evoluzione ma solo per il mantenimento di benefici e status quo.

Il mondo moderno è costituito da vasi comunicanti.

Anche se ci sembra ingiusto, ciò che sta fuori ci influenza in maniera rilevante. Un maggiore scambio di esperienze tra l’interno e l’esterno è fondamentale e sta diventando urgente per noi come fonte di competitività. E noi, che si esca dalle università cercando lavoro, o che si stia nelle aziende, dobbiamo prepararci a questo per avere successo.

OCL

2 thoughts on “Vasi comunicanti

  1. Grazie per la riflessione, sono d’accordo con te sul fatto che le vetrine delle librerie dicono abbastanza del paese.
    Ti aggiungo un altro spunto: hai notato che non ci sono titoli in inglese?
    Cosa abbastanza comune in altri paesi.
    Paolo

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